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Malattie rare e orfane di diagnosi – Deborah Capanna e le collagenopatie ereditarie, “serve più consapevolezza da parte della scienza”

L’appello di Deborah Capanna, Presidente Comitato IMI, affetta da visceroptosi e da una rara sindrome senza nome

L’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che circa il 30% dei pazienti affetti da una malattia rara sia orfano di diagnosi. Sono loro i “malati invisibili”: individui colpiti da patologie talmente rare e complesse da essere semi-sconosciute all’interno della stessa comunità medico-scientifica; persone con malattie non identificate, che vivono nell’incertezza, costrette a continue peregrinazioni tra ambulatori, centri specialistici e ospedali, alla perenne ricerca di una diagnosi. Dare un nome alla propria patologia, infatti, è fondamentale: permette di indirizzare correttamente l’assistenza, evita spese inutili e terapie inefficaci o dannose, e rende possibile l’accesso a cure sperimentali e a trattamenti adeguati, facilitando la vita del paziente sul piano medico, familiare, lavorativo e sociale.

Deborah Capanna, 46 anni, Presidente del Comitato I malati invisibili (IMI), convive da sempre con una patologia rara, inquadrata come una collagenopatia ereditaria dopo lunghi anni caratterizzati da diagnosi e terapie sbagliate. Nel 2019, dopo l’ennesimo iter di esami inconcludenti, grazie ai consigli di una paziente la cui testimonianza era stata riportata su OMaRDeborah si è sottoposta a una radiografia del transito intestinale con Gastrografin, eseguita sia in posizione supina che in ortostasi, scoprendo di essere affetta da un’altra condizione, altrettanto rara: la visceroptosi. “Le immagini della radiografia furono impressionanti”, racconta la donna. “Mentre da sdraiata i miei organi rimanevano in sede, in posizione eretta prolassavano fino a schiacciarsi tutti in sede pelvica. Oltre al rettocele, al cistocele, all’enterocele e alla ptosi gastrica, scoprii quindi di avere anche un’importante ptosi dell’intera massa intestinale. Finalmente, dopo anni di sofferenza, capii l’origine dei miei disturbi viscerali”.

Con il termine “visceroptosi” si intende il rilassamento dei tessuti che sostengono i vari organi interni addominali (stomaco, intestino, fegato, reni), i quali, prolassando, presentano disturbi nelle rispettive funzioni. “Oltre al dolore viscerale intrattabile – spiega Deborah – tra le conseguenze della malattia ci sono squilibri metabolici, rallentamento delle funzioni digestive fino alla completa paralisi, ostruzione intestinale, vomito, grave reflusso biliare, malassorbimento, calo ponderale, infezioni croniche alle vie urinarie, alterazione della flora batterica e molto altro, fino ad arrivare al decesso”.

La visceroptosi è una condizione che, nei pochissimi casi documentati in letteratura, viene associata alla sindrome di Ehlers-Danlos di tipo ipermobile (HT-EDS): una malattia ereditaria del tessuto connettivo (collagenopatia) caratterizzata da iperlassità articolare, lieve iperestensibilità cutanea, fragilità dei tessuti, sintomi extra-muscolo-scheletrici e altre manifestazioni. In seguito ad accertamenti genetici, Deborah Capanna ha scoperto di avere una variante missenso, in eterozigosi, del gene SLC2A10, coinvolta non nella Ehlers-Danlos, ma nella sindrome da tortuosità delle arterie (ATS, Arterial Tortuosity Syndrome), un’altra collagenopatia ereditaria,. Questa patologia del tessuto connettivo, estremamente rara, ha tra le sue caratteristiche la sinuosità e l’allungamento delle arterie medio-grandi, con propensione alla formazione di aneurismi, alla disseccazione vascolare e alla stenosi delle arterie polmonari.

Dopo questa scoperta, Deborah ha contattato uno dei massimi esperti europei di ATS, il Dott. Bert Callewaert, del Ghent University Hospital, in Belgio, da cui ha saputo che la sua variante genetica non è ancora presente nei database: con le conoscenze attuali, quindi, è difficile collegare a questa mutazione degli specifici sintomi clinici. Il Dott. Callewaert ha anche informato la donna del fatto che è in corso uno studio sul rischio di dilatazione della radice aortica nei portatori, come lei, di una singola variante nel gene SLC2A10, suggerendole un approfondimento genetico familiare. In seguito all’indagine, Deborah è venuta a sapere di avere ereditato anche due varianti del gene TNXB, coinvolto, questo, nella sindrome di Ehlers-Danlos.

“Dopo queste scoperte – aggiunge la Presidente IMI – ho deciso di chiedere aiuto all’intera comunità delle malattie rare per avviare uno studio clinico inerente ai pazienti affetti da collagenopatia ereditaria e visceroptosi, che includa sia l’indagine genetica sia la valutazione dell’utilità della risonanza magnetica in ortostasi nella visceroptosi. Il macchinario per effettuare questo esame, purtroppo, non è attualmente presente negli ospedali italiani, ma è disponibile presso una delle aziende produttrici, che ho già provveduto a contattare. Sarebbe quindi interessante capire se questo innovativo apparecchio, una volta introdotto nei centri ospedalieri, possa essere utilizzato come valido strumento diagnostico e di follow-up per lo studio delle collagenopatie. Sono sicura che la mia testimonianza potrà essere di aiuto anche ad altri pazienti e che, grazie alla divulgazione, alla conoscenza e alla ricerca, la visceroptosi potrà essere trattata come condizione grave, e avere un suo percorso sanitario e assistenziale, nonché essere riconosciuta come invalidante dalle commissioni preposte al rilascio dell’invalidità civile”.

Vorrei davvero che tra gli specialisti ci fosse più consapevolezza dell’esistenza di queste condizioni rare”, conclude Deborah Capanna. “Alcune di esse sono diagnosticabili solo con esami particolari e in centri dedicati. Vorrei maggiore attenzione e cognizione, soprattutto quando ci sono quadri clinici complessi, di malati ancora senza diagnosi, che manifestano sintomi non spiegabili con le comuni indagini”.

Fonte: “Collagenopatie ereditarie: serve più consapevolezza da parte della scienza”, OMAR

Tratto da: https://www.osservatoriomalattierare.it/news/storie/16281-collagenopatie-ereditarie-serve-piu-consapevolezza-da-parte-della-scienza