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Carcinoma ovarico – L’aggiunta di atezolizumab all’associazione di chemioterapia e bevacizumab non migliora sopravvivenza libera da progressione (PFS)

L’aggiunta di atezolizumab all’associazione di chemioterapia e bevacizumab non migliora la sopravvivenza libera da progressione (PFS) delle pazienti di nuova diagnosi con carcinoma ovarico in stadio III e IV. Sono i risultati dello studio di fase 3 IMagyn050/GOG 3015/ENGOT-OV39 presentati al congresso virtuale della European Society of Medical Oncology (ESMO)

«L’efficacia antitumorale della combinazione di anti angiogenici e terapie anti-PD1 o anti PD-L1 è stata dimostrata nel tumore del polmone non a piccole cellule metastatico, nell’epatocarcinoma non resecabile e nel tumore dell’endometrio in fase avanzata» ha dichiarato Kathleen Moore, prima autrice dello studio e direttrice del programma di fase 1 Oklahoma TSET, oltre che docente presso la divisione di ginecologia oncologica dello Stephenson Cancer Center.
Obiettivo dello studio IMagyn050 era quindi quello di determinare se questi stessi benefici potessero estendersi anche alle pazienti con tumore ovarico, e in particolare se l’aggiunta dell’inibitore di PD-L1 atezolizumab a un regime chemioterapico contenente bevacizumab potesse portare a risultati positivi in termini di efficacia clinica e buona tollerabilità.

«Nonostante il successo di terapie combinate con atezolizumab e bevacizumab per il trattamento di alcuni tumori solidi, lo studio IMangyn050, il primo condotto nel tumore dell’ovaio, non ha soddisfatto l’end-point primario, relativo al prolungamento della PFS nelle pazienti del gruppo intention-to-treat (ITT) o in quelle positive per PD-L1. Il beneficio clinico osservato per atezolizumab nel sottogruppo di pazienti con elevata espressione di PD-L1 meriterebbe ulteriore approfondimento» ha dichiarato ancora Moore.
L’inibitore di PD-L1 atezolizumab si è dimostrato efficace in diversi tumori, e l’espressione di PD-L1 è associata a maggiore attività in alcuni tumori. Oggi lo standard di cura per le pazienti con carcinoma ovarico è rappresentato dall’associazione di platino e taxani, in combinazione con bevacizumab. Il blocco del vascular endothelial growth factor (VEGF) ha mostrato di aumentare il traffico di cellule T citotossiche in diversi tumori solidi, giustificando l’impiego della combinazione di bevacizumab e atezolizumab” ha aggiunto infine Moore.

Lo studio IMagyn050
Lo studio ha reclutato pazienti, con performance status ECOG (PS) compreso tra 0 e 2, affette da carcinoma ovarico epiteliale, tumore peritoneale primario o cancro delle tube di Falloppio. Altro criterio di inclusione, l’aver subìto una citoriduzione primaria o essere state destinate a chemioterapia neo-adiuvante seguita da chirurgia citoriduttiva…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Carcinoma ovarico, atezolizumab aggiunto a chemioterapia più bevacizumab non migliora la sopravvivenza. #EMSO2020”, PHARMASTAR

Tratto da: https://www.pharmastar.it/news//oncoemato/carcinoma-ovarico-atezolizumab-aggiunto-a-chemioterapia-pi-bevacizumab-non-migliora-la-sopravvivenza-emso2020–33460