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Malattie rare – Sibling dei rari: “parte integrante della rarità”

fratelli dei rari raggiungono dopo anni la giusta attenzione. Fino ad oggi poco studiato, il rapporto di siblingship tra affetti e non-affetti da malattia rara si rivela invece centraleper la rarità e per il benessere familiare.

Di seguito riportiamo il contributo integrale del professore Bruno Dallapiccola, Direttore Scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e Coordinatore di Orphanet-Italia, esposto nel corso della presentazione del progetto “Rare Sibling” di OMAR-Osservatorio delle Malattie Rare:

«È stato stimato che oltre il 5% dei bambini e dei ragazzicon meno di 16 anni sono fratelli o sorelle di soggetti affetti da malattia rara. Nel Regno Unito è stato calcolato che oltre mezzo milione di fratelli giovani e 1,7 milioni di fratelli adulti assistono fratelli o sorelle con problemi di disabilità.

Il progetto rare-sibling (fratelli dei rari) affronta perciò un tema di dimensioni sociali, con un numero enorme di sfaccettature, in quanto:

– riguarda persone e famiglie affette da migliaia di malattie diverse;

– ogni malattia rara ha proprie peculiarità e complessità, spesso addirittura tra le persone che condividono la stessa condizione, anche all’interno della stessa famiglia;

– ogni malattia ha un diverso impatto sulla qualità e sulle attese di vita, sulla sua storia naturale, sugli specifici bisogni delle persone affette.

Due aspetti rendono in qualche modo speciale il rapporto tra questi fratelli:

  • In primo luogo, il legame genetico e perciò di sangue o di lignaggio, inteso come linea di discendenza, che si traduce nella condivisione del 50% del loro genoma. Questa condivisione non ha solo implicazioni affettive, legate al crescere nella stessa famiglia, ma ha anche implicazioni collegate alla possibile condivisione di specifici rischi o di fattori di rischio.
  • In secondo luogo, il coinvolgimento emotivo, che, anche se con sfumature diverse, in genere è più intenso rispetto a quello che si avverte tra i fratelli non-rari, in quanto si tratta di un rapporto non-simmetrico, iperprotettivo da parte dei fratelli non-affetti nei confronti di chi ha bisogni maggiori. Su tale rapporto, nei decenni più recenti, sono intervenute almeno due situazioni importanti. Da un lato, il progresso scientifico, che ha modificato, in molti casi le attese e la qualità di vita dei malati rari, con ricadute spesso significative sull’intera famiglia, dall’altro lato, i cambiamenti sociali, che hanno allargato progressivamente l’assistenza domiciliare, aumentando perciò la presenza del malato raro nella propria abitazione, a tutto detrimento degli internamenti coatti presso Istituti per malati cronici.

Le relazioni che si implementano tra questi fratelli possono essere molto diverse, in rapporto a svariati fattori, come l’età, le dimensioni e la solidità della famiglia, le sue disponibilità economiche, la gravità della malattia. I fratelli dei rari svolgono un ruolo protettivo e di difesa nei confronti dei loro fratelli svantaggiati, e spesso si comportano come delle vere e proprie guardie del corpo.

In genere, sviluppano esperienze positive, sanno ascoltare i loro fratelli e diventano esperti nella gestione dei loro problemi medici e nella comprensione delle loro necessità. Tuttavia, alcuni di loro rischiano di essere penalizzati o emarginati, in quanto possono ricevere meno attenzione dai genitori, rispetto ai fratelli e alle sorelle ammalate, e questo può generare sentimenti di frustrazione e di gelosia.

Alcuni fratelli dei rari possono provare risentimenti, a causa del loro forzato coinvolgimento in attività di responsabilità nella famiglia, oppure per l’assistenza e il supporto che devono dare ai fratelli malati, o anche per il condizionamento e la riprogrammazione della vita familiare, che viene focalizzata sulle necessità del fratello malato. Per tutto ciò, queste famiglie sono a rischio di rottura, lutti e povertà e ne può conseguire una maggiore vulnerabilità dei fratelli dei malati rari, il rischio di isolamento sociale e di interiorizzazione dei problemi.

Un ampio studio pubblicato nel 2013 ha arruolato 245 coppie di fratelli non-affetti e affetti e ha dimostrato che i fratelli dei rari, rispetto ad oltre 6.500 coppie di controllo che non hanno queste patologie nella loro famiglia, hanno un rischio tre volte maggiore di sviluppare problemi nei rapporti interpersonali, nel benessere psicofisico, nei risultati scolastici (Goudie et al, 2013, Pediatrics). I fratelli adulti dei rari possono persino avere maggiori problemi in ambito lavorativo.

La presenza nella famiglia di un fratello “diverso” per ragioni di salute può generare imbarazzo o disappunto per ciò che gli altri avvertono nei suoi confronti, e può anche essere causa di tristezza per l’impossibilità di vivere una vita familiare tradizionale, e persino di solitudine, per le molte incomprensioni delle quali rischiano di diventare vittime. L’incertezza sul futuro della malattia dei fratelli affetti e sulla sua evoluzione finisce poi per generare preoccupazione ed ansia.

Dobbiamo constatare che è molto diffusa la tendenza ad ignorare e a non gratificare i fratelli dei rari per i tanti valori positivi che esprimono, come la tolleranza, la pazienza, la gentilezza, lo spirito collaborativo, l’altruismo, la generosità, l’empatia, l’autocontrollo, la maturità, la responsabilità, l’istinto protettivo, la capacità di esprimere orgoglio nei confronti dei fratelli ammalati ogni volta che raggiungono un nuovo traguardo.

Anche se l’esperienza che vive il fratello di un raro può essere positiva e l’impegno ed il lavoro fatto con il fratello affetto può rafforzare i rapporti intra-familiari, è comunque necessario che la famiglia vigili sul potenziale rischio che insorgano difficoltà di adattamento nei confronti di situazioni che sono oggettivamente difficili o molto difficili. Per questo, è importante che:

  • i genitori dedichino al fratello del raro tutto il tempo necessario e gli trasmettano la percezione che ogni membro della famiglia è ugualmente importante;
  • gli concedano tutto lo spazio che gli/le compete;
  • valorizzino ogni suo successo, così da accrescerne l’autostima;
  • instaurino un dialogo continuo e aperto;
  • ne favoriscano la socializzazione.

In conclusione, i fratelli dei rari:

  • devono essere valorizzati per quello che sono e per ciò che fanno;
  • devono poter ricevere suggerimenti, informazioni e supporto;
  • devono essere messi nella condizione di esprimere tutte le loro potenzialità;
  • loro bisogni devono essere valutati contestualmente a quelli dei loro fratelli con malattia rara;
  • da ultimo, non deve essere ignorato che sono persone con bisogni speciali.

Tutto questo giustifica la ragione per la quale tutti noi, come portatori di interesse per le malattie rare, siamo grati ad Omar, per averci aiutato a riflettere su un tema, spesso dimenticato, ma che è parte integrante della rarità».

Fonte: orphaNews Italia

Tratto dahttp://italia.orphanews.org/newsletter-it/editorial/nl/edizione-del-22-novembre-2018.html?fbclid=IwAR2PPix_SuXGWI9jc6k6FYr0o0GG_OTZrEcHphRszAyUOYnvMvoAwF4JU0c