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“Nature Neuroscience” – I tanti “orologi” neuronali del cervello

Un nuovo studio smentisce l’ipotesi che nel cervello esista un unico orologio interno che dà il tempo alle altre regioni cerebrali: sono i diversi insiemi di neuroni che si attivano secondo complessi schemi per rendere possibile l’azione del soggetto nei tempi corretti

Rappresentazione artistica di neuroni (Science Photo Library RF/AGF)

Il senso e il controllo del tempo sono cruciali per molte attività umane: un musicista può controllare gli intervalli con cui può produrre suoni, un oratore può controllare il ritmo del proprio discorso.

Ma come fa la mente umana ad avere un controllo preciso e flessibile degli intervalli di tempo in cui svolgere un compito? Ora un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology propone sulle pagine di “Nature Neuroscience” un nuovo modello di come il cervello sovraintende alle attività che richiedono una precisa tempistica.

Il modello finora più accreditato per spiegare il controllo del cervello sul tempo era basato sull’esistenza di un unico “orologio interno”, una sorta di Big Ben a cui fanno riferimento tutte le altre regioni cerebrali, di cui però non è mai stata dimostrata l’esistenza.

Alcuni ricercatori hanno quindi iniziato a chiedersi se le parti del cervello che hanno bisogno di “conoscere” il tempo non fossero in grado di farlo da sole.

Così è nata l’idea di registrare l’attività neuronale di alcune scimmie impegnate in un compito in cui dovevano controllare gli intervalli di tempo in cui agire. I ricercatori hanno scoperto un complesso schema di attività neuronale durante questi intervalli: alcuni neuroni si attivano più rapidamente, altri più lentamente; mentre quelli che avevano un’attività oscillante hanno iniziato a oscillare più rapidamente o più lentamente.

Ma il dato cruciale emerso dalle misurazioni è che qualunque fosse la risposta dei neuroni, la rapidità con cui regolavano la loro attività dipendeva dall’intervallo di tempo richiesto.

In altre parole, i neuroni compivano sempre la stessa “traiettoria” da uno stato iniziale a uno stato finale, qualunque fosse l’intervallo di tempo richiesto.

L’unica cosa che cambiava era il tasso con cui i neuroni percorrevano la loro traiettoria. Quando l’intervallo di tempo era lungo, la traiettoria era allungata, il che significa che i neuroni richiedevano più tempo per evolvere verso lo stato finale. Quando l’intervallo era più breve, la traiettoria era invece compressa.

I ricercatori hanno focalizzato l’attenzione sui collegamenti cerebrali tra tre diverse regioni: la corteccia frontale dorsomediale, coinvolta in molti processi cognitivi, il caudato, coinvolto nel controllo motorio e il talamo, una regione cerebrale che coordina segnali motori e sensoriali.

Hanno così scoperto lo specifico schema neurale prima descritto nella corteccia frontale dorso mediale e nel caudato, mentre nel talamo lo schema era differente: invece di alterare la velocità della loro traiettoria molti neuroni semplicemente aumentavano o diminuivano la rapidità con cui si attivavano, in funzione dell’intervallo di tempo richiesto…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “I tanti “orologi” neuronali del cervello”, Le Scienze

Tratto dahttp://www.lescienze.it/news/2017/12/05/news/neuroni_tengono_tempo-3779826/