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Leucemia – Il gene suicida che aiuta i bambini malati

“Impedire la reazione immunitaria al trapianto di midollo donato dai genitori, unica terapia per molti casi infantili di tumore del sangue. La nuova tecnica è stata presentata al congresso europeo degli ematologi

Disinnescare la reazione immunitaria al trapianto grazie ad un “gene suicida”. E’ la nuova tecnica messa a punto dai ricercatori dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù che riduce a zero il rischio di mortalità nei bambini affetti da difetti congeniti del sistema immunitario che necessitano, in assenza di un donatore compatibile, del trapianto di midollo da uno dei genitori. I risultati dello studio sono stati presentati oggi al Congresso europeo di ematologia in corso a Madrid con un abstract che è stato selezionato tra i migliori sei tra tutti quelli presentati dagli esperti provenienti da tutto il mondo.

Le nuove tecniche di trapianto. Fino a qualche anno fa per i bambini con gravi malattie immunologiche (anemia falciforme, talassemia e leucemia) il trapianto del midollo di un genitore era molto rischioso. Circa un terzo dei pazienti non sopravviveva. Ma l’alternativa era quella di trovare un midollo adatto nei registri internazionali dei donatori, che contengono circa 28 milioni di nomi. Cosa non facile anche perché spesso la ricerca richiede tempi troppo lunghi per malattie che hanno bisogno di un trapianto urgente. Ecco perché la ricerca ha messo a punto nuove tecniche di trapianto: “Si parla di trapianto aploidentico, cioè da donatore parzialmente compatibile come i genitori” ha spiegato  Mattia Algeri, giovane pediatra onco-ematologico che lavora sotto la guida del professor Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. “Questa tecnica permette di eliminare i linfociti T responsabili dello sviluppo di complicanze legate all’aggressione da parte di cellule del donatore sui tessuti del ricevente lasciando però all’interno del trapianto stesso elevate quantità di altri linfociti T capaci di proteggere il bambino da infezioni severe soprattutto nei primi mesi dopo il trapianto”.

Il ‘gene suicida’. Ma c’è stata un’ulteriore evoluzione di questo trapianto aploidentico: “In pratica” spiega Algeri “selezioniamo i linfociti del donatore che circa 14 giorni dopo il trapianto vengono modificati con l’infusione del gene suicida della caspase-9. Questo permette di ridurre il rischio di infezioni severe nei primi 3 mesi dopo il trapianto e di ridurre il rischio di ricaduta nei pazienti con leucemia acuta”. In pratica, questa modifica genetica permette di ‘spegnere’ i linfociti che potrebbero creare una reazione immunologica negativa. Fatta questa manovra di ingegneria genetica, si effettua il trapianto e dopo circa due settimane vengono infusi i linfociti geneticamente modificati. Una volta reinfuse, queste cellule si espandono e contribuiscono a proteggere il paziente.

Pronti a colpire. “A questo punto” prosegue l’onco-ematologo “se tutto procede senza complicazioni, il gene suicida resta dormiente. Se, al contrario, si dovesse scatenare l’aggressione delle cellule del donatore nei confronti dell’organismo del paziente, si può intervenire per bloccarla. Basta iniettare nel paziente una molecola (Rimiducid) che induce al suicidio i linfociti”. La peculiarità di questa tecnica è che i linfociti si possono ‘spegnere’ solo se danno problemi. In questo modo, il bambino non soffre della malattia del trapianto contro l’ospite, che è una delle maggiori cause di morte in caso di trapianto ed uno dei motivi per cui spesso si evita questa procedura in casi di malattie che non mettono a immediato rischio la sopravvivenza del paziente (malattie del sangue non neoplastiche)…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Il gene suicida che aiuta i bambini malati di leucemia”, R.it Salute

Tratto da:

http://www.repubblica.it/salute/2017/06/24/news/il_gene_suicida_migliora_i_trapianti_nei_bambini_con_leucemia-168986847/