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Real world evidence – Cosa è una prova e qual è la realtà?

La RWE ripropone ancora una volta la ben nota contrapposizione tra RCT e studi osservazionali senza però che i nuovi scenari offrano soluzioni credibili ai limiti ben conosciuti dei diversi approcci. La discussione sulla RWE, sulla necessità di assumerla come elemento chiave delle decisioni regolatorie suggerisce una domanda: i servizi sanitari hanno ancora interesse a pretendere una rigorosa attività di ricerca sperimentale per informare le proprie decisioni? 

Chemistry science formula and tablets. Medicine symbol.

18 NOV – Con la pubblicazione delle linee-guida della Food and Drug Administration (FDA) sull’uso della cosiddetta real world evidence (RWE) per prendere decisioni regolatorie il confronto sull’uso dei dati provenienti “dal mondo reale” ha assunto un’importanza ancora maggiore: non è più soltanto argomento di discussione accademica, ma è diventata una questione rilevante per scelte che potrebbero avere un impatto diretto sulla salute dei cittadini.

Non che la “discussione accademica” sia terminata: proprio nelle ultime settimane sono state dedicate a questo argomento non poche sessioni di congressi di importanti società scientifiche, da quello dell’Associazione italiana di epidemiologia alla Società di farmacologia, dall’Associazione di oncologia medica alla Società di farmacologia clinica e terapia. In un editoriale su Recenti progressi in medicina abbiamo ripreso alcuni degli spunti di discussione offerti dai relatori in questi convegni, sottolineando la molteplicità degli sguardi e la complessità del problema.

Perché si ritiene che vada ricercata e che serva la real world evidence? Una delle risposte più frequenti indica la ragione nella necessità di ovviare ai limiti delle sperimentazioni controllate randomizzate. Limiti che non sono una novità, dal momento che sono anni che si discute di validità interna e validità esterna, delle difficoltà di considerare trasferibili i risultati dei trial a setting clinici in cui l’aderenza del paziente alle prescrizioni è molto minore o in cui la popolazione soffre di comorbilità complesse. L’attenzione crescente alle malattie rare è un altro driver della domanda di dati osservazionali, per la difficoltà – e talvolta l’impossibilità – di reclutare popolazioni di pazienti adeguate per lo svolgimento di studi clinici su patologie di riscontro infrequente. Ma non pochi dei problemi conosciuti degli RCT possono essere in buona misura risolti disegnando studi pragmatici o, più in generale, metodologicamente rigorosi, su problemi clinici significativi e valutati in base a esiti rilevanti per il malato…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: Real world evidence: cosa è una prova e qual è la realtà?”, Quotidiano sanità

Tratto dahttp://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=56008