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Microscopia innovativa – Svelato il comportamento del “guardiano del genoma”

“Ogni volta che il DNA di una cellula viene danneggiato, una proteina chiamata p53, il cosiddettoguardiano del genoma, entra in azione e prende una decisione di drastica importanza: avviare il processo di correzione degli errori del DNA o al contrario quello di autodistruzione della cellula.

L’obiettivo è lo stesso: evitare che quest’ultima – accumulando mutazioni nel corso delle generazioni – diventi tumorale. I ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele – una delle 18 strutture di eccellenza del Gruppo Ospedaliero San Donato – hanno osservato per la prima volta in tempo reale la dinamica di p53 nel nucleo cellulare e hanno scoperto che per il successo della sua azione non basta che la proteina sia sana (senza mutazioni) e sia presente in abbondanza, ma è anche necessario che venga attivata da altre proteine. Solo dopo essere stata attivata, p53 è infatti in grado di legarsi al DNA per un tempo sufficiente ad avviare uno dei due processi antitumorali.

Lo studio, pubblicato su Nature Communications, è stato realizzato impiegando una tecnica di microscopia innovativa messa a punto da Davide Mazza, fisico del Centro di Imaging Sperimentale dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e membro del Centro Europeo di Nanomedicina, in collaborazione con Carlo Tacchetti, docente presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e direttore del Centro di Imaging Sperimentale. La scoperta apre la strada alla messa a punto di nuove strategie terapeutiche basate sull’attivazione di p53.

Le cellule umane possono subire vari tipi di stress in grado di danneggiarne il DNA. Se il danno è limitato, la cellula cerca di porvi rimedio tramite una serie di macchine molecolari il cui compito è ripristinare la corretta sequenza di informazioni del genoma. Se al contrario il danno è troppo per poter essere corretto in sicurezza, la cellula avvia la propria morte programmata, l’apoptosi.Entrambi i processi fanno capo a un’unica proteina, p53. L’importanza del suo compito le ha fatto guadagnare il soprannome di “guardiano del genoma” e spiega perché più del 70% dei tumori abbia una mutazione nel gene che codifica per lei: il 70% dei tumori, per riuscire a sopravvivere, deve cioè avere una versione difettosa di p53. Ma che cosa accade nel restante 30%? Perché in questi casi p53, pur non essendo mutata, non riesce a svolgere il suo compito con successo?

La scoperta ha un ruolo di particolare rilevanza per quei tumori che non presentano una versione mutata di p53, come il neuroblastoma, un tumore del cervello che colpisce soprattutto i bambini…”

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Fonte: “Svelato il comportamento del “guardiano del genoma”,” Ospedale San Raffaele

Tratto dahttp://www.hsr.it/press-releases/svelato-il-comportamento-del-guardiano-del-genoma/