Affogare cercando una diagnosi – come a me è cambiata la vita grazie alla ricerca
Io sono asmatica. Chi mi conosce da poco lo sa, chi mi conosce da molto sa anche che è stato un sollievo scoprirlo. Non lo ho scoperto da molto, avevo circa 21 anni, e la diagnosi è arrivata dopo una vita di patemi. Perché l’asma oggi non è una malattia molto grave, ma può sinceramente crearti un sacco di problemi.
Quando ero una bambina ero piuttosto malaticcia, ogni virus che passava era mio, un po’ di più che per gli altri bambini. L’asilo nido non sono riuscita a farlo perché ero sempre ammalata, dall’asilo vero ho fatto un sacco di assenze. Però, insomma, i bambini hanno di per sé una salute cagionevole, non si nota troppo. La differenza ha cominciato a vedersi nell’adolescenza, quando ho continuato a farmi le mie 8-9 bronchiti l’anno mentre i miei compagni si facevano al massimo qualche giorno di naso colante con un po’ di febbriciattola. Ma le mie bronchiti non erano come le loro: quando io tossivo mi sentivano nella classe a fianco. Raschiava, faceva male il petto. Un male tremendo. Speravo sempre che crescendo la cosa sarebbe migliorata, ma non migliorava. Il medico non sapeva spiegarsi perché fossi sempre ammalata, ma quando entravo sapeva già che cosa doveva scrivere: areosol, Clenil, Fluibron, acqua di Sirminione, antibiotico. Funzionava? Nì. A tutti le bronchiti duravano una settimana, 10 giorni al massimo… a me anche un mese e mezzo. Ogni anno a Giugno finalmente mi passava tutto e per qualche mese potevo respirare… Ma a Settembre cominciavo a preoccuparmi. Sapevo che la prima bronchite sarebbe stata l’inizio un’interminabile sequela di areosol, stare a casa da scuola, compiti da recuperare, occasioni sociali perse, notti insonni, dolori al petto. E poi è arrivata la bronchite dei 16 anni. Oh, quella è stata terribile. Praticamente ho fatto tutta la quinta ginnasio con la bronchite, che alla fine dell’inverno ha continuato sommandosi alla mia allergia alle graminacee e facendo letteralmente uno sfacelo dei miei poveri polmoni. Malgrado gli antibiotici e il cortisone siamo riusciti solo a diminuirla, ma mi è passata solo a fine Giugno. Da lì respirare non è più stato lo stesso. Già prima non respiravo granché bene, ma da quell’anno ho cominciato a sentirmi affogare. Quando stavo bene respiravo abbastanza, quando avevo la bronchite era un’impresa. Quando piangevo soffocavo. E non passava: 17, 18, 19 anni… era sempre così, non migliorava. Mi ci sono abituata, per me respirare era diventato quello. Arrivavo alla sera stanchissima perché respirare così è faticoso. Il test di Cooper a ginnastica mi uccideva, ho dovuto perfino lasciare il coro in cui cantavo. Per uno scherzo del destino avevo fatto l’esame dello spirometro ed aveva dato esito negativo, a distanza di anni il mio attuale pneumologo è certo che fosse un errore.
Arrivo a 21 anni. Io ero volontaria in Croce Rossa e coi miei riccioloni d’oro e il faccino da angioletto vendevo molto bene le torte per finanziare la futura ambulanza. Ma quel giorno pioveva che dio la mandava. Non me la sentivo di lasciare la bancarella, erano tutti lì… così sono rimasta. Il giorno dopo tossivo come fossi stata tubercolotica. Quella bronchite è stata orribile, la più brutta della mia vita. E’ durata 3 mesi e mezzo. C’è stato qualche momento in cui stavo meglio, ma per la maggior parte dovevo starmene in casa. La professoressa di Biochimica mi aveva molto gentilmente invitata, parlando al microfono, a non presentarmi in classe facendo tutto quel casino… e il casino era la tosse. Così mi persi un semestre di lezioni. Ad un certo punto i polmoni e la gola erano così irritati che tossivo sangue. MA avevo cambiato medico. E la dottoressa in questione, che è anche l’attuale, aveva capito che quella non poteva essere una bronchite normale. Mi ha mandata dallo pneumologo il quale ha immediatamente capito: asma cronico. Il fischio era chiarissimo. Mi ha spiegato che con me gli antibiotici non bastavano perché i miei bronchi erano così irritati che ogni volta che mi ammalavo partiva una bronchite che in pochissimo diventava autonoma rispetto al batterio: ammazzavo il batterio, ma i bronchi continuavano a restare irritati e la bronchite continuava da sè. Quella bronchite l’abbiamo ammazzata con delle botte assurde di cortisone, una pillola al giorno. E poi lo pneumologo mi ha consigliato una delle cose più belle della mia vita: il Sinestic. Il Sinestic è il mio inalatore, budesonide formoterolo fumarato diidrato. Per qualche tempo l’ho dovuto prendere tutti i giorni, di modo da ripulire i polmoni. Dopo due settimane già sentivo la differenza… Un giorno alla lezione di fisiologia animale, per caso, mi sono resa conto di fare meno fatica a stare attenta a lezione: respiravo meglio, avevo più ossigeno in circolo e facevo meno fatica a procurarmelo. Due mesi dopo quando piangevo non soffocavo più, tiravo solo un paio di colpetti di tosse (questo non è mai passato). E poi finalmente non ho avuto più bisogno di prenderlo così spesso ed ho potuto smettere e prenderlo solo quando mi viene una bronchite: appena faccio qualche colpo di tosse comincio con una bella dose di Sinestic e la ammazzo sul nascere. Così non diventano neanche più bronchiti, ho pochissimo broncospasmo. A volte però è più forte e ricomincio ad affogare. Letteralmente, la sensazione è quella di avere i polmoni pieni di acqua che anche sforzandoti non riesci a buttare fuori. Però durano meno, due o tre settimane, a volte un mese, ma non certo tre mesi. E sono anche meno, queste bronchiti, ne faccio due o tre in un anno. A 23 anni non ne ho fatta neanche una, è stata una vittoria interiore che mi ha fatto pensare che avrei potuto sconfiggere tutto nella vita.
Il Sinestic mi ha cambiato la vita.
Vedete, il problema prima non era solo che mi ammalavo. Era tutto: siccome avevo il terrore di ammalarmi non potevo fare a palle di neve, dimenticarmi la sciarpa a casa, se si metteva a piovere ed io non avevo l’ombrello cominciavo a pensare a quanto sarebbe durata quella bronchite. Ma non avevo una diagnosi: ero solo malaticcia. Quindi quando la gente mi diceva: “Dai, andiamo a fare un pupazzo di neve!” io dovevo rispondere: “No, ehm, non posso, perché se no poi mi viene la tosse…”. E’ abbastanza da sfigati, concorderete. Ho perso davvero moltissimo per colpa dell’asma. Lezioni, vita sociale, passioni… Ma da quando ho questa diagnosi posso dire: “Guarda, per favore, non fumare standomi così vicino perché sono asmatica e mi fai davvero male”. E posso dirlo con fermezza e senza vergogna. Non solo. Da quando ho il Sinestic non devo più negarmi nulla: posso uscire se c’è vento (sì, ok, meglio con la sciarpa), posso sciare e giocare a palle di neve senza patemi, ho fatto tutto l’anno in Olanda senza ombrello, e lì di pioggia ne scende! La mia vita è cambiata incredibilmente. Respiro. Respiro davvero! Per voi è scontato, per me non lo era. Ogni respiro profondo che faccio è una vittoria. Ed ogni volta che mi viene la tosse, come ad esempio sta succedendo in questi giorni, posso ringraziare tutti i ricercatori che mi hanno portata ad avere il Sinestic, che mi dà la certezza di poter rassicurare la mia povera mamma, a cui ancora i miei colpi di tosse così profondi fan paura, sul fatto che andrà tutto bene e passerà in fretta. Già, in fretta! Non è meraviglioso?
Il Sinestic naturalmente è stato testato sugli animali, in particolare su ratti, topi e porcellini d’India. Per i quali mi dispiace davvero moltissimo, credetemi. Ma sono grata ai ricercatori che lo hanno testato e anche a quegli animali che sono stati sacrificati per me, perché la felicità di poter respirare è troppo grande, è impagabile. Ma per la verità da asmatica come sono devo ringraziare anche per tutti i farmaci al cortisone, tutti i fluidificanti, il paracetamolo, gli antibiotici… Vedete, voi date per scontato che io sia qui. E lo do per scontato anch’io. Ma anche solo cento anni fa una bambina malaticcia come me non sarebbe arrivata a 10 anni. Ed invece ci sono! Tutti questi farmaci sono stati testati e grazie ad essi molti stanno bene e in futuro un numero gigantesco di persone malaticce come me si aggiungeranno al novero di coloro che sono felici di esserci e di avere una vita praticamente normale grazie a qualche farmaco che è stato testato apposta per avere quell’effetto lì.
Io sono felice. E sto bene.
Ma a volte ci penso e mi dico che in fondo il mio è solo asma. Che forse per un ragazzino sarà brutto non poter fare a palle di neve ma si vive anche senza. Ma ci sono persone per cui la vita è sempre legata ad un ospedale. Persone per cui l’asma sarebbe un passo avanti, persone che affogano ben più di me ed aspettano ansiosamente un trapianto di polmoni, a volte non riuscendo ad arrivarci. E ci sono anche persone che purtroppo anche se stanno malissimo non hanno la fortuna di una diagnosi, anche se magari tardiva, come ce l’ho avuta io: loro continuano a peregrinare da un medico all’altro per scoprire cosa diavolo sta succedendo al loro corpo impazzito e magari (magari!) per trovare una cura o quantomeno un palliativo, qualcosa che cambi loro la vita. E mi sento impotente davanti alla gigantesca ingiustizia di poter godere di qualcosa che loro non hanno. E quindi l’unica cosa che posso fare è difendere e sostenere la ricerca, quella vera, seria, in cui i ricercatori e i medici si fanno in quattro con ogni metodo possibile (e quindi, sì, anche usando animali) per cercare di capire cosa diavolo sta succedendo, per trovare una diagnosi, una causa e magari, chissà, una cura. Quindi voglio segnalarvi questa bellissima iniziativa messa in piedi dai ragazzi del Comitato I Malati Invisibili, ossia tutti quei malati che hanno una malattia rara e magari non hanno nemmeno una diagnosi, ma che stanno male e non vogliono essere ignorati. L’idea è la stessa dell’Icebucketchallenge, fare un video ed una donazione, ma questa volta si tratta di scoppiare un palloncino con un viso triste, una metafora per indicare che si vuole abbattere quel muro che li rende infelici. Il ricavato andrà a sostenere il primo Centro Nazionale per i Malati non Diagnosticati, per cercare di rendere ogni giorno questi bambini, ragazzi, adulti, famiglie un po’ meno invisibili. E’ una bellissima iniziativa, tutta italiana, nata dal basso da dei ragazzi come me e te, ma con una malattia grave per davvero, per dare fiducia a chi come loro cerca ancora una strada per essere felice.
#iolivedo … e tu?
Fonte: White Rabbit – Attraverso lo specchio