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Alzheimer – Inefficaci le terapie nella demenza conclamata

A cura del prof. Carlo Ferrarese, Direttore Scientifico del Centro di Neuroscienze dell’Università di Milano-Bicocca e Direttore della Clinica Neurologica presso l’Ospedale San Gerardo di Monza

La Malattia di Alzheimer rappresenta la più comune forma di demenza, una delle sfide sanitarie più grandi del nostro secolo. Nel mondo colpisce circa 40 milioni di persone e solo in Italia vi sono circa un milione di casi, per la maggior parte oltre i 60 anni. Oltre gli 80 anni ne è affetto un anziano su 4. Questi numeri sono destinati a crescere drammaticamente per il progressivo aumento della durata della vita, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo: si stima un raddoppio dei casi ogni 20 anni.

Nei pazienti con Alzheimer le cellule cerebrali subiscono un processo degenerativo che determina la perdita delle loro connessioni e quindi il manifestarsi inizialmente di sintomi quali deficit di memoria, soprattutto per fatti recenti, e successivamente disturbi del linguaggio, perdita di orientamento spaziale e temporale, progressiva perdita di autonomia nelle funzioni della vita quotidiana che definiamo come “demenza”.

A tali deficit spesso si associano problemi psicologici e comportamentali, come depressione, incontinenza emotiva, deliri, agitazione, vagabondaggio, che rendono necessario un costante accudimento del paziente, con un grosso peso per i familiari.
Le terapie ad oggi approvate possono in parte mitigare tali sintomi, ma non hanno alcun impatto sulla progressiva evoluzione della demenza, una volta che questa si è manifestata.

Proprio per questo la speranza di una cura è legata alla prevenzione, nei soggetti a rischio ma non ancora dementi. Diventa quindi molto importante individuare i primi segni di lievi deficit cognitivi, soprattutto di memoria, che configurano un quadro denominato “Mild Cognitive Impairment” (MCI), o “disturbo neurocognitivo minore”, cercando di capire se tale condizione è destinata ad evolvere verso una demenza.

Oggi questo è possibile, sono da poco disponibili, infatti, nuove tecniche che permettono di determinare in tali soggetti le alterazioni di una proteina ritenuta la prima causa di malattia. Da vari anni è noto infatti che alla base della malattia vi è l’accumulo progressivo nel cervello della proteina beta-amiloide, che distrugge le cellule nervose ed il loro collegamenti.

Oggi sappiamo che la beta-amiloide inizia ad accumularsi anche decenni prima delle manifestazioni cliniche della malattia, ed è possibile evidenziarla nel cervello dei pazienti grazie ad una tecnica, la PET (Positron Emission Tomography), con la somministrazione endovenosa di un tracciante che lega tale proteina. Analogamente è possibile analizzare i livelli di beta amiloide nel liquido cerebrospinale, mediante una puntura lombare…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Declino cognitivo: inefficaci le terapie nella demenza conclamata. Allenare mente e fisico protegge il cervello”, insalute news

Tratto dahttps://www.insalutenews.it/in-salute/declino-cognitivo-inefficaci-le-terapie-nella-demenza-conclamata-allenare-mente-e-fisico-protegge-il-cervello/