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Crohn – Nei pazienti ricoverati aumenta l’obesità ma preoccupa la malnutrizione

Negli ultimi 20 anni la percentuale di pazienti obesi, ospedalizzati con Malattia di Crohn, è fortemente aumentata, ma questo dato non ha inciso sulla mortalità. Tuttavia questi pazienti hanno maggiori probabilità di sviluppare sepsi e trombosi venosa profonda. L’obesità contribuisce all’infiammazione, ma, a oggi, gli studi relativi all’effetto dell’obesità sugli esiti della Malattia di Chron hanno fornito risultati contrastanti

 (Reuters Health) – Joseph D. Feuerstein e colleghi del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston hanno esaminato i dati del National Inpatient Sample (NIS) relativi a oltre 176.000 pazienti ricoverati per Malattia di Chron nel biennio 2016-2017. Fra questi 132.970 erano normopeso, 27.915 erano malnutriti e 15.695 obesi. Il team ha anche osservato le tendenze in termini di obesità e malnutrizione nella Malattia di Chron dal 2012 al 2017 usando i dati del NIS.

Nel 2002, l’1,8% dei pazienti ricoverati con Malattia di Chron era obeso, rispetto al 9,5% del 2017 (P<0,001). Durante lo stesso periodo, la percentuale di degenti con Malattia di Chron malnutriti è salita dal 5,6% al 16,5% (P<0,001). La mortalità era simile per i pazienti obesi e normopeso, ma significativamente più elevata in quelli malnutriti (odds ratio, 2,16). La degenza media era di 5,7 giorni per i pazienti obesi e di 4,4 giorni per quelli normopeso (P<0,001), mentre i costi totali medi erano rispettivamente pari a 51,975 dollari e 41,143 dollari (P<0,001).

I pazienti obesi erano esposti a un rischio significativamente aumentato di trombosi venosa profonda (OR, 1,67), sanguinamento gastrointestinale (13,4% vs 11,6%) e sepsi (22,8% vs 14,8%), mentre mostravano un rischio significativamente inferiore di ostruzione intestinale (28,9% vs 35,0%) e ascessi (9,3% vs 10,3%)…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Malattia di Crohn. Aumenta l’obesità nei pazienti ricoverati. Ma preoccupa la malnutrizione”, Quotidiano sanità

Tratto da: https://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=88334