Diabete e cellule staminali – L’Italia è in prima linea nei programmi di ricerca
“Sono incoraggianti i risultati pre-clinici che mirano alla sostituzione delle cellule beta. Lorenzo Piemonti direttore del Diabetes Research Institute dell’Ospedale San Raffaele di Milano, spiega lo stato dell’arte degli studi. *Dal numero 179 del magazine
Agli inizi di questo nuovo decennio, tra le innovazioni annoverate dal Time come rivoluzionarie per l’healthcare nei prossimi anni, c’era anche la terapia con cellule staminali per la cura del diabete. A piccoli passi e con un avanzamento quasi silenzioso, l’approccio è infatti arrivato in clinica già da tempo, con numerose biotech che stanno inseguendo il traguardo. Alcune più indietro ancora in fase preclinica, altre lanciate in avanti già in clinica, con i primi risultati di fattibilità e sicurezza.
“Oggi – come spiega Lorenzo Piemonti, direttore del Diabetes Research Institute dell’Ospedale San Raffaele di Milano e dello Human Islet Transplantation Programme, uno dei pionieri del trapianto di isole pancreatiche e di staminali – nessuno ha ancora dimostrato che le cellule staminali siano in grado di guarire il diabete negli essere umani (ma solo in studi preclinici). Ma siamo in una fase in cui abbiamo visto che le cellule beta derivate da staminali, sopravvivono nell’organismo e producono insulina”.
Beta is better
Nelle persone con diabete di tipo 1 e nelle forme più avanzate del tipo 2, le cellule beta delle isole di Langerhans all’interno del pancreas non producono più insulina. Nel caso del diabete di tipo 1 la causa è nel sistema immunitario stesso, che non riconoscendo queste cellule come un qualcosa di interno all’organismo, le attacca fino a distruggerle. Nonostante la scoperta dell’insulina avvenuta quasi cento anni fa (con un premio Nobel conteso) abbia trasformato il diabete da malattia mortale a cronica, si tratta pur sempre di un approccio sintomatologico e non curativo, che non risolve la patologia. Ben diverso sarebbe preservare le cellule beta nelle persone che ancora le hanno, o farle ricrescere o trapiantarle in chi non le ha più.
Una filosofia di ricerca chiamata “beta is better” che è anche alla base degli studi di Piemonti. “Se potessi avere le cellule beta invece di qualsiasi terapia sarebbe la soluzione migliore, perché svolgono il loro mestiere di produrre insulina in maniera perfetta. Perciò lavoriamo sui sistemi che vanno o a preservare le cellule beta ancora funzionanti, o su approcci di sostituzione sostituzione, per esempio con le cellule staminali, uno di quelli su cui stiamo lavorando di più. Noi in collaborazione con l’University Hospital of Vrije Universiteit Brussel (Vub), siamo stati il primo gruppo in Europa – e per ora l’unico – a impiantare cellule staminali pluripotenti per la terapia del diabete di tipo 1”.
La prima volta in clinica
Lo studio a cui si riferisce Piemonti risale a gennaio del 2019, quando il Center for Beta Cell Therapy in Diabetes – coordinatore di un consorzio internazionale sulla medicina traslazionale nel diabete di cui fa parte anche il centro del San Raffaele – in collaborazione con ViaCyte, società di medicina rigenerativa, e con il sostegno di Horizon 2020, fece partire la prima sperimentazione clinica in Europa. Uno studio complementare a un altro simile già avviato negli Usa e in Canada dalla stessa Viacyte nel 2017, per i pazienti ad alto rischio che sono in lista di attesa per i trapianti di donatori…”
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Fonte: “Cellule staminali e diabete: Italia in prima linea nei programmi di ricerca”, ABOUTPHARMA