Il Comitato I Malati Invisibili è presente e attivo nel territorio nazionale da aprile 2014.

(+39) 000 0000 000

info@imalatiinvisibili.it
Via Monte Suello 1/12a – 16129 Genova (IT)

Salva

Articoli recenti

CF 95173870106

info@imalatiinvisibili.it

Via Monte Suello 1/12A

16129 Genova (IT)

Coronavirus – Ecco come funzionano i test

Stefano Vella, virologo di fama internazionale, spiega i metodi diagnostici, in attesa delle analisi anticorpali che serviranno dopo l’emergenza. Intanto in Italia (e nel mondo) non c’è consenso su chi sottoporre a tampone: i dati registrati in Veneto suggeriscono l’importanza di isolare anche gli asintomatici

I test diagnostici attualmente utilizzati in Italia per evidenziare la positività alla Covid-19, si basano sulla metodica molecolare di reazione a catena della polimerasi (Pcr), messa a punto in base alla sequenza genetica del virus Sars-cov-2, isolata dai ricercatori cinesi, come spiega Stefano Vella, virologo di fama internazionale, già direttore del Centro nazionale per la Salute Globale dell’Istituto superiore di Sanità, e ora docente all’Università Cattolica, e già presidente dell’Aifa. Con il cosiddetto tampone “si prende un po’ di muco (sicuramene infetto se il Sars-cov-2 è presente), dal naso e dalla faringe – continua – e si esegue la Pcr per identificare la presenza del virus nell’orofaringe”.

Su indicazione dell’Oms inoltre, poiché il virus potrebbe mutare, il test deve essere eseguito usando come primer per la Pcr (cioè la copia che si deve “appiccicare” all’Rna del virus), diverse sequenze, in modo che se anche mutasse, il test per la Covid-19 non risulterebbe negativo”. In alcuni casi inoltre il tampone viene ripetuto anche in uscita, quando il paziente viene considerato clinicamente guarito perché “potrebbe continuare a contagiare” spiega Vella. “Si esegue per capire se la persona infetta deve stare ancora in quarantena o meno e valutare la contagiosità anche dopo la fine della malattia, che sembra essere lunga, almeno 10 dici giorni”.

Il che, come racconta Vella spiegherebbe anche i casi in cui il virus è tornato: “In realtà – aggiunge – è possibile che non fosse mai andato via. Ci sono stati casi di recidive piuttosto che ricadute. Significa che il paziente considerato guarito è tornato a casa ma poi la Covid-19 si è ripresentata. Mentre i casi di re-infezione, molto rari, sono ancora da studiare”.

Nuovi test in arrivo

I test molecolari per la Covid-19 non mancano. Diasorin ne ha prodotto uno super rapido che dovrebbe arrivare entro fine marzo, che consente di ottenere risultati entro 60 minuti, rispetto alle 5-7 ore attualmente necessarie con altre metodologie e Roche ne sta per lanciare un altro anche in Italia. Mentre è già disponibile uno completamente made in Italy, Clonit quanty Covid-19 Ce-Ivd, sviluppato da Clonit in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e l’Ospedale Sacco. Quelli anticorpali, invece, sono al momento in via di sviluppo. Anche perché, come sottolinea Vella, serviranno solo in un secondo momento, per valutare il quadro epidemiologico, cioè quanto si è diffuso il virus, non tanto per la diagnosi. “Perché per sviluppare gli anticorpi ci vuole un po’ di tempo”, precisa Vella, troppo per essere utili come test per la diagnosi veloce di infezione da Covid-19.  

Tamponi sì, tamponi no

L’utilizzo dei test diagnostici per scovare il Sars-cov-2, divide esperti e istituzioni. Da una parte c’è chi come Franco Locatelli presidente del Consiglio Superiore di Sanità (Css), nella conferenza stampa quotidiana della Protezione civile (lunedì 16 marzo), ha dichiarato che sottoporre tutta la popolazione al test diagnostico per la Covid-19 “sia irrealistico e poco utile”. Chi invece come Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, pensa che sia la soluzione vincente, come dimostrano gli esempi di Vo’ Euganeo e della Corea del Sud. Dati, quelli veneti, che Andrea Crisanti, direttore della Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedaliera di Padova, che sta effettuando un lavoro di studio, supporto e approfondimento su alcune categorie dei servizi essenziali (es. cassiere dei supermercati, operatori dei servizi pubblici etc.) ritiene essere molto positivi.

Fare più test

Giusto lo scorso lunedì 16 marzo, Tedros Adhanom Ghebreyesus, capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in conferenza stampa, aveva ribadito l’importanza di effettuare il maggior numero di test possibile, “perché non si può fermare la pandemia da Covid-19 se non si sa chi viene contagiato e chi no”.  Con riferimenti soprattutto ai Paesi come Africa e Sud America (dove si iniziano a registrare i primi casi), ma anche a quelli occidentali e con epidemia in corso, come mostrano le elaborazioni grafiche pluri quotidiane (AboutPharma usa quelle di Tableau Science che ricorrono rigorosamente a dati ufficiali istituzionali).

Anche perché scovare e isolare anche i casi più lievi e asintomatici di Covid-19 sembra proprio uno dei punti cruciali dell’epidemia. Lo confermano molti dei focolai comparsi in Italia nelle ultime settimane. Come quello di Sassari passata da praticamente nessun caso a oltre 60 in pochi giorni, per via di un asintomatico che avrebbe contagiato un paziente ricoverato nel reparto di Cardiologia preso l’ospedale Santissima Annunziata.

Ma l’indicazione non cambia

Una pratica, quella di eseguire i tamponi su larga scala, non proprio seguita in Italia, dove si continuano a effettuare test solo ai pazienti che mostrano sintomi molto gravi da Covid-19 (come problemi respiratori) o contatti con persone risultate positive al nuovo coronavirus Sars-cov-2. Ranieri Guerra, rappresentante dell’Oms, in occasione della riunione del Comitato tecnico-scientifico nazionale del Ministero della Salute, ha sottolineato come le raccomandazioni dell’Oms per quanto riguarda le persone da sottoporre ai test non cambi.

“L’esortazione di Ghebreyesus, è di aumentare il più possibile l’identificazione e la diagnosi su casi sospetti e contatti sintomatici di casi confermati, secondo la definizione Oms” precisa Guerra. “Non viene suggerita, al momento, la raccomandazione di effettuare screening di massa”. Resta però la raccomandazione del Cts di sottoporre a tampone “gli operatori sanitari esposti al rischio contagio, per contenere quanto più possibile la diffusione del virus”.

Una pratica difficile in Italia

Lo Stesso Walter Ricciardi membro del Comitato esecutivo Oms e consigliere del ministro della Salute, in un’intervista a Mattino Cinque del 17 marzo, sostiene che al momento l’Italia non abbia la capacità per mettere in piedi una strategia di tamponi a tappeto, non solo per le risorse economiche ma perché servono “operatori bravi nel fare i prelievi e tecnici altrettanto bravi per eseguire analisi sofisticate”. Al momento, come precisa Ricciardi, in alcune regioni si fa fatica persino ad eseguire il test diagnostico sulle persone che presentano sintomi, come la febbre da diversi giorni e tosse. E aggiunge come sia fondamentale essere sicuri dell’attendibilità dei test. Il rischio altrimenti è di incappare in risultati non attendibili, come in Germania dove si sono registrati il 70% di falsi positivi…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Covid-19, ecco come funzionano i test”, ABOUTPHARMA

Tratto da: https://www.aboutpharma.com/blog/2020/03/18/covid-19-ecco-come-funzionano-i-test/