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Malattie rare – Emofilia, gioco di squadra contro le complicanze

La riduzione/eliminazione del danno articolare dovuto a micro sanguinamenti diventa il target dell’èquipe sanitaria che ruota attorno al paziente. Questo l’obiettivo del progetto “JOINTime” di Sobi. Dal numero 173 del magazine. *IN COLLABORAZIONE CON SOBI

“Ci sono acuzie legate alle malattie croniche che probabilmente rimarranno solo nei trattati e negli atlanti di medicina e che i giovani medici non vedranno neanche più”. Giampiero Marra, direttore medico Italia, Grecia, Malta e Cipro di Sobi, si riferisce così a certe condizioni cliniche tipiche delle persone emofiliche. In particolare alle gravi emorragie che portano a ginocchia e gomiti gonfi.

Eventi acuti ormai rarissimi, almeno nel mondo occidentale, grazie agli strumenti terapeutici che i clinici hanno oggi a disposizione. Il che però non significa che si può abbassare la guardia, ma che è obbligatorio un cambio di paradigma nella gestione dell’emofilia. “Il quadro che si prospetta oggi – continua Marra – è quello di un soggetto emofilico con ormai ridotte complicanze acute, per il quale tutta l’équipe sanitaria che gli ruota intorno deve focalizzarsi sulla riduzione delle complicanze croniche.

La più importante nel caso dell’emofilia è quella articolare, legata ai numerosi episodi di micro-sanguinamenti che possono avvenire durante la giornata per tanti motivi e che accumulandosi nel tempo possono portare al danneggiamento dell’articolazione (le più colpite sono ginocchio, gomito e caviglia, n.d.r.). Fino all’intervento chirurgico di inserimento di una protesi sostitutiva, con un peggioramento della qualità di vita per il paziente”.

Un’aspettativa di vita più lunga

Oggi chi è affetto da questa malattia ha un’aspettativa di vita che è praticamente uguale a quella delle persone sane, grazie ai nuovi presidi farmaceutici e più in generale all’approccio terapeutico nei loro confronti. Ma le complicanze, se non monitorate e gestite correttamente, possono comunque incidere sulla qualità della vita del paziente.

“Il vero tema oggi, parlando di patologie croniche, è fare un passaggio concettuale e non semplicemente verbale – precisa Marra – spostandosi dalla patologia intesa come ‘status’ di una persona, a una condizione cronica legata alle comorbidità che comporta. L’attenzione da parte del mondo sanitario deve essere sempre più incentrata su come prevenire e al limite minimizzare, lo sviluppo degli eventi meno acuti. Proprio perché grazie alle nuove terapie, l’aspettativa di vita si è allungata e la complicanza cronica è diventata l’aspetto preponderante”.

L’ematologo “Playmaker”

Quello che è richiesto – e che da tempo è oggetto di dibattito all’interno della comunità scientifica – è dunque un cambio del management della patologia, ponendo al centro dell’attenzione non il singolo sanguinamento, come si è fatto fino a poco tempo fa, ma la gestione a tutto tondo della persona con emofilia, con un approccio multidisciplinare. “Lo specialista ematologo non deve più gestire il singolo evento importante, ma può e deve diventare il coordinatore di tutte le altre figure che ruotano intorno al paziente e che hanno come obiettivo la riduzione/eliminazione della complicanza articolare”.

Il progetto “JOINTime”

Per concretizzare questo passaggio Sobi ha pensato a un progetto di formazione, denominato “JOINTime” iniziato a ottobre nei centri specialistici in tutta Italia, da Nord a Sud…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Emofilia, gioco di squadra contro le complicanze”, ABOUTPHARMA

Tratto da: https://www.aboutpharma.com/blog/2019/11/06/emofilia-gioco-di-squadra-contro-le-complicanze/