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Alzheimer – Sempre più giovani a rischio. Il 10% è sotto i 65 anni. Attenzione ai processi neuroinfiammatori

Esperto, controllare la neuroinfiammazione per preservare la memoria

La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza degenerativa che colpisce in modo progressivo le strutture cerebrali. Ma nonostante i soggetti più a rischio siano gli anziani, si assiste a un incremento nell’insorgenza delle forme giovani.

Se infatti l’esordio della patologia si conclama prevalentemente in età senile, oltre i 65 anni, è sempre più frequente che si manifesti in precedenza: il 5-10% di tutti i casi riguarda persone al di sotto dei 65 anni; con la possibilità, in casi di malattia genetica dominante, per cui i figli possono ereditare da uno dei genitori la parte di Dna che genera la malattia, di un esordio tra i 35 anni e i 60 anni di età. Per questo motivo è bene conoscere i sintomi della sua forma precoce.

“La malattia di Alzheimer a esordio giovanile include principalmente le forme familiari che presentano una notevole compromissione della memoria episodica – spiega Salvatore Cuzzocrea, professore ordinario di Farmacologia all’Università di Messina – Rispetto ai malati di Alzheimer in età senile, le persone affette da Alzheimer precoce sono meno colpite da malattie cerebrovascolari, renali e cardiache. Anche se il minimo comune denominatore è lo stesso, tra le caratteristiche cliniche proprie dei pazienti con malattia giovanile ritroviamo deficit delle funzioni esecutive e deficit della produzione verbale, che si associano alla perdita della memoria a breve termine. Alcuni pazienti presentano poi un’importante compromissione del processo visivo di individuazione e percezione degli oggetti”. In questo contesto risulta quindi molto importante una diagnosi precoce, con la possibilità di aprire a trattamenti farmacologici in grado di ritardare l’esordio della malattia.

“Numerose evidenze oggi dimostrano un’associazione tra malattie neurodegenerative, in particolare malattia di Alzheimer, e neuroinfiammazione che può avere inizio tempo prima che si abbia una perdita significativa della popolazione neuronale – spiega l’esperto – Il processo neuroinfiammatorio è caratterizzato da interazioni di tipo immunitario che determinano l’attivazione di microglia, astrociti, mastociti residenti nel sistema nervoso centrale, citochine, chemochine e relativi processi molecolari.
L’attivazione di questo pool di cellule non-neuronali rappresenta la vera causa del danno degenerativo a carico del neurone”. Controllare la neuroinfiammazione cerebrale potrebbe dunque preservare la memoria nei soggetti affetti da Alzheimer.

“L’insorgenza di fenomeni neuroinfiammatori rappresenta dunque un primo campanello d’allarme e nel contempo una finestra temporale sulla quale iniziare ad agire…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Sempre più giovani a rischio Alzheimer, il 10% dei casi è under-65”, ANSA.it Salute&Benessere

Tratto da: http://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/medicina/2019/10/28/sempre-piu-giovani-a-rischio-alzheimer-10-casi-e-under-65_e1db8c87-5db8-4bf4-af7b-21ba396a803e.html