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Nefropatia membranosa, Bergamo – Studi internazionali confermano efficacia terapia sperimentata per la prima volta

I ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Bergamo e i clinici della Nefrologia degli allora Ospedali Riuniti hanno documentato per primi nel 2002 che il rituximab, un cosiddetto monoclonale che attaccava un tipo particolare di cellule linfatiche responsabili – almeno in parte – del danno renale, era in grado di guarire totalmente o parzialmente la malattia, con un carico di effetti indesiderati nettamente inferiore a quello della terapia usuale. Ora dagli Usa arriva la conferma, pubblicata sul New England Journal of Medicine. LO STUDIO

Uno studio clinico, condotto negli Stati Uniti, pubblicato recentemente sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine, ha confermato l’efficacia di una terapia “messa a punto” quasi vent’anni fa dai ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Bergamo e dai clinici della Nefrologia degli allora Ospedali Riuniti.

La malattia oggetto dello studio si chiama nefropatia membranosa. È una forma di danno renale, piuttosto rara, caratterizzata dalla perdita di grandi quantità di proteine nelle urine (che si definisce proteinuria). Un certo numero di pazienti guarisce spontaneamente da questa malattia, ma la maggiorparte rimane in questa condizione (che si manifesta in genere con importante gonfiore delle caviglie, e alterazione di diversi esami del sangue come colesterolo e trigliceridi alti, proteinemia bassa) per molto tempo. Alla lunga la malattia compromette la funzione del rene fino a che non si rende necessaria la dialisi o il trapianto.

“Verso la metà degli anni ’80 – spiega l’Istituto Mario Negri in una nota – è stata proposta una terapia per questa malattia, con qualche successo, ma a prezzo di importanti effetti indesiderati, anche gravi. La terapia consisteva nella combinazione di cortisone ad alte dosi e di un immunosoppressore. Successivamente è stato proposto l’impiego di un altro immunosoppressore, la ciclosporina, farmaco normalmente impiegato per prevenire il rigetto.  Col tempo, i meccanismi che sono alla base della malattia sono stati chiariti. È stato possibile proporre interventi terapeutici per così dire più mirati. I ricercatori e i clinici bergamaschi hanno documentato per primi nel 2002 che il rituximab, un cosiddetto monoclonale che attaccava un tipo particolare di cellule linfatiche responsabili – almeno in parte – del danno renale, era in grado di guarire totalmente o parzialmente la malattia, con un carico di effetti indesiderati nettamente inferiore a quello della terapia usuale”…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Nefropatia membranosa. Studi internazionali confermano l’efficacia della terapia sperimentata per la prima volta a Bergamo”, Quotidiano sanità

Tratto da: http://www.quotidianosanita.it/lombardia/articolo.php?articolo_id=76574