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Alzheimer – Bisogna anticipare cure prima dei sintomi

Interruzione dei progetti di ricerca per mancata efficacia della molecola Aducanumab. La medicina punta su esami che riconoscano il disturbo in fase nascente

La malattia avanza, ma all’orizzonte non si vede ancora alcuna cura. Anzi, la notizia data dalla multinazionale farmaceutica Biogen, che ha deciso di sospendere gli studi sulla molecola aducanumab, rappresenta l’ennesimo duro colpo per i pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer e per i loro familiari. L’interruzione dei progetti di ricerca è avvenuta perché, dopo le evidenze incoraggianti raccolte nelle prime due fasi dello studio, non è stato raggiunto l’obbiettivo primario: ovvero la regressione della malattia in pazienti con un lieve deficit cognitivo. Questione di mancata efficacia, dunque, che riporta al via la ricerca nei confronti della malattia. Erano in molti infatti ad attendere l’esito di questo iter per valutare se procedere in questa direzione con la messa a punto di nuovi farmaci. Tutto da rifare, invece.

L’ultima speranza svanita

«La fiaccola si è spenta, ma dobbiamo incrementare il nostro impegno per continuare lo studio nei vari campi di ricerca: senza farci dominare dallo scoramento», afferma Marco Trabucchi, direttore scientifico del Gruppo di ricerca geriatrica (Grg) di Brescia e presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria. A differenze di Pfizer, che lo scorso anno comunicò la scelta di tirarsi fuori dalla ricerca sull’Alzheimer, Biogen vuole andare avanti e ha già comunicato che porterà in fase 3 il farmaco sperimentale BAN2401. Ma indipendentemente dalle strategie aziendali, la decisione ufficializzata nei giorni scorsi conferma la difficoltà nel trovare una risposta alla malattia che porta il nome di Alois Alzheimer: il primo che la scoprì, ormai 113 anni fa.

La strategia di provare a individuare un farmaco in grado di far regredire le placche di beta amiloide – gli accumuli proteici che si rilevano nel cervello delle persone affette dalla malattia – non ha dato i risultati sperati. Anche negli studi più incoraggianti, infatti, alla regressione delle strutture biologiche non ha fatto seguito una ripresa della funzione cognitiva.

Un dato che conferma come il dilemma sia ancora irrisolto: le placche di amiloide sono la causa o una conseguenza della malattia? Nessuno, ancora oggi, sa rispondere con certezza a questo quesito. Un nesso, tra i due aspetti, di sicuro esiste. Ma, come dimostra anche il recente passato, la scelta di puntare tutto sulla distruzione di questi ammassi non si è rivelata efficace nel dare risposte ai quasi 50 milioni di malati di Alzheimer presenti in tutto il mondo.

Lavorare sul declino cognitivo lieve

Motivo per cui, piuttosto che attendere la pillola «magica», l’auspicio diventa un altro: riconoscere le persone affette da un lieve declino cognitivo per trattarle a scopo quasi profilattico. Dato che la malattia inizia molto prima che si manifesti, più di un indizio fa pensare che i farmaci sopracitati, se somministrati prima o all’inizio del deposito dell’amiloide, possano porre un argine all’Alzheimer.

Come individuare le persone da curare con gli «spazzini» dell’amiloide, evitando che ad assumere i farmaci sia chi non ne ha bisogno? È questo l’obiettivo che si sono dati anche gli specialisti: individuare il biomarcatore o l’insieme di molecole più accurato in modo da completare una diagnosi di declino cognitivo lieve (chi ne soffre non è certamente condannato ad ammalarsi di Alzheimer), fornendo ai cittadini libero accesso a uno screening preventivo composto da un elettroencefalogramma, una risonanza magnetica, una Pet-Tac in grado di misurare il metabolismo cerebrale e rilevare le proteine beta-amiloide e tau, il dosaggio di alcune proteine e la valutazione del rischio genetico attraverso il Dna. Attraverso questi sette biomarcatori, si punterà a misurare l’evoluzione della malattia con più precisione. E potendo predire con accuratezza la conversione della diagnosi di declino cognitivo in Alzheimer, si spera di identificare i pazienti che potranno beneficiare di (eventuali) nuove terapie…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Alzheimer, flop dei farmaci contro la malattia. Bisogna anticipare cure prima dei sintomi”, LA STAMPA SALUTE

Tratto da: https://www.lastampa.it/2019/04/03/scienza/alzheimer-flop-dei-farmaci-contro-la-malattia-bisogna-anticipare-cure-prima-dei-sintomi-Fm1s2nqiAdZln2BpgpxU6K/pagina.html