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Mieloma multiplo – La terapia immunomodulante resta il punto fermo anche nei recidivi/refrattari

“Lenalidomide e pomalidomide si confermano capisaldi del trattamento del mieloma multiplo in tutte le linee di trattamento, anche le più moderne, le cosiddette ‘triplette’. Lo confermano due studi presentati al congresso dell’American Society of Hematology: il MAIA, che ha affiancato in prima linea a lenalidomide-desametasone il daratumumab e l’OPTIMISMM, che ha dimostrato l’efficacia in seconda linea della ‘tripletta’ pomalidomide-desametasone-bortezomib (PVd), anche nei soggetti refrattari a lenalidomide

I trattamenti basati su lenalidomide rappresentano lo standard di cura per i pazienti con mieloma multiplo di prima diagnosi, ineleggibili a trapianto. Un dato questo confermato da molti studi, anche da alcuni recentissimi, presentati all’ASH, che prevedono anche l’aggiunta di molecole innovative all’associazione tradizionale lenalidomide-desametasone. Un esempio viene dallo studio internazionale MAIA che ha randomizzato 737 pazienti, arruolati in 14 Paesi, al trattamento con lenalidomide-desametasone (Rd) o alla ‘tripletta’ lenalidomide-desametasone-daratumumab (D-Rd). Il daratumumab è un anticorpo monoclonale IgG1k anti-CD38. L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da malattia (PFS); nel gruppo di controllo la mediana di PFS è stata di 31,9 mesi; nel gruppo sperimentale  invece la mediana di PFS non è stata ancora raggiunta.  L’aggiunta di daratumumab al regime Rd nei pazienti con mieloma multiplo di prima diagnosi non candidabili a trapianto ha dunque ridotto il rischio di progressione o morte del 45%.

Anche alla recidiva, i pazienti con mieloma possono comunque continuare a beneficiare di una terapia a base di immunomodulanti, come ha dimostrato un altro studio del quale sono stati presentati all’Ash i dati aggiornati. Lo studio OPTIMISMM di fase 3 ha infatti dimostrato che la tripletta pomalidomide-desametasone-bortezomib (PVd) ha permesso di raggiungere una PFS di 17,8 mesi in seconda linea nei pazienti refrattari. Un fatto questo che apre nuove prospettive per i pazienti che vanno incontro ad una recidiva.

OPTIMISMM ha testato l’efficacia e la sicurezza di pomalidomide, un immunomodulante di terza generazione, in associazione a bortezomib e desametasone (schema PVd) come linea precoce di terapia nei pazienti affetti da mieloma multiplo recidivato/refrattario (rrMM), in precedenza esposti a lenalidomide.

“Sono attualmente disponibili – commenta il professor Michele Cavo, Ordinario di ematologia presso l’Università ‘Alma Mater’ di Bologna e direttore dell’Istituto di Ematologia ‘Seragnoli’ dell’Università di Bologna, che ha partecipato allo studio OPTIMISMM – molte combinazioni a tre farmaci, tutte comprensive di un immunomodulante. Questo è stato un grande avanzamento in termini terapeutici, ma significa anche che una popolazione crescente di pazienti è stata esposta al trattamento immunomodulante con lenalidomide, subito dopo la diagnosi e, nella storia naturale della loro malattia, sono diventati refrattari a quel farmaco. Questo implica che lenalidomide non potrà più essere utilizzata in un contesto di pazienti molto ampio, come è stato in passato. Di qui la necessità di andare a intercettare una popolazione di pazienti refrattari alla lenalidomide”…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “ASH/ 5: Terapia immunomodulante: punto fermo del trattamento del mieloma multiplo, anche nei recidivi/refrattari”, Quotidiano sanità

Tratto dahttp://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=68764