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Malattie rare – Linfoma mantellare ricaduto/refrattario, trattamento con ‘lenalidomide’ da considerare anche nella pratica quotidiana

La lenalidomide potrebbe essere un’opzione terapeutica valida per i pazienti con linfoma a cellule del mantello (o linfoma mantellare) recidivato o refrattario, anche in un contesto di pratica clinica quotidiana. A suggerirlo è uno studio retrospettivo multicentrico italiano pubblicato sulla rivista The Oncologist

Il linfoma a cellule del mantello è un sottotipo aggressivo di linfoma non-Hodgkin, la cui incidenza sembra essere in aumento, in particolare tra gli anziani. Negli ultimi due decenni, l’aspettativa di sopravvivenza globale (OS) in questa popolazione di pazienti è aumentata di soli 2,5 anni.

La malattia è incurabile con la chemioimmunoterapia standard e le opzioni disponibili per i pazienti ricaduti sono poche, anche se sono stati studiati diversi agenti in monoterapia e lo scenario terapeutico è in continua evoluzione.
In particolare, segnalano i ricercatori, coordinati da Vittorio Stefonia, dell’Istituto di Ematologia “L. e A. Seràgnoli” dell’Università di Bologna, l’algoritmo terapeutico per i pazienti con linfoma a cellule del mantello ricaduto/refrattario non è così ben definito perché ci sono pochi dati provenienti dalla pratica clinica quotidiana.

Per colmare almeno in parte questo vuoto informativo, nel loro studio Stefonia e i colleghi hanno voluto analizzare efficacia e sicurezza di lenalidomide in 70 pazienti con linfoma a cellule del mantello recidivato o refrattario in cura presso 24 centri di ematologia del nostro Paese.

L’età mediana dei pazienti era di 67 anni, il 72,9% aveva una malattia in stadio IV, il 22,8% era risultato refrattario alla terapia di prima linea e circa la metà era stata sottoposta in precedenza a un trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche. Inoltre, circa il 75% dei pazienti era stato trattato con lenalidomide in monoterapia, mentre il 25,7% con l’immunomodulatore in combinazione con desametasone o rituximab.
I pazienti erano stati trattati con lenalidomide per una mediana di 8 cicli di 21 giorni ciascuno.

La percentuale di risposta complessiva è risultata del 47,1%, con 22 risposte complete (31,4%), 11 risposte parziali e sei stabilizzazioni della malattia, mentre in 31 pazienti la malattia ha progredito.
L’OS mediana è risultata di 33 mesi e la sopravvivenza libera da malattia (DFS) mediana di 20 mesi.

Sia le percentuali di risposta sia l’OS sia la DFS non hanno mostrato differenze tra i pazienti trattati con lenalidomide in monoterapia e quelli trattati con l’immunomodulatore in combinazione. I pazienti trattati con una combinazione, tuttavia, hanno mostrato un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione (PFS) a 56 mesi, che è risultata del 36% contro 13% nel gruppo trattato con la sola lenalidomide.
Al momento dell’analisi, dei 22 pazienti che avevano ottenuto una risposta completa, 14 erano ancora responder.

Sul fronte della sicurezza e tollerabilità, il 60% dei pazienti ha manifestato almeno un evento avverso di un qualsiasi grado e si sono osservati eventi avversi gravi nel 12,8% dei casi.

Le tossicità, scrivono i ricercatori, sono risultate gestibili, anche se 17 di esse hanno costretto i pazienti a interrompere precocemente il trattamento…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Linfoma mantellare ricaduto/refrattario, lenalidomide opzione da considerare anche nella pratica quotidiana2, PHARMASTAR

Tratto dahttps://www.pharmastar.it/news/oncoemato/linfoma-mantellare-ricaduto-refrattario-lenalidomide-opzione-da-considerare-anche-nella-pratica-quotidiana–26806