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Buona informazione – Cassazione, medico deve usare sempre linguaggio che sia comprensibile a paziente

Una informazione assente, così come una incompleta, lede il diritto del paziente alla autodeterminazione. Condannato un ospedale a risarcire il danno ai familiari di una donna deceduta per tumore alla mammella dopo che le erano stati effettuati diversi esami dai quali si evidenziava la malattia ma senza che i medici avessero debitamente informato la paziente stessa della gravità del suo stato di salute. LA SENTENZA

26 MAR – L’ospedale deve risarcire il danno da perdita di chance e quello morale ai familiari di un paziente deceduto se il medico ha rispettato l’obbligo informativo, ma lo ha fatto con un linguaggio tecnico sulla diagnosi della malattia senza farsi comprendere bene dal paziente.

A stabilirlo la III sezione della Cassazione con sentenza 6688/2018 in cui si afferma che un’informazione incompleta, così come una informazione assente, danneggia il diritto del paziente. Una informazione completa deve spiegare le caratteristiche di gravità o di rischio di gravità di ciò che è emerso dagli accertamenti e deve segnalare la presenza di un’eventuale urgenza in modo chiaro per il paziente, considerando il grado di conoscenze scientifiche di questo.

Il fatto è riferito a una donna che si era sottoposta in ospedale ad un esame eco-mammario, per cui l’ecografista aveva rilevato nella zona mammaria formazioni debolmente ipoecogene ed anecogene, consigliandola di effettuare un completamento diagnostico con mammografia e consulenza senologica.

Successivamente la paziente aveva eseguito un esame eco-mammario e  una  mammografia:  ancora  lo  stesso ecografista, visti gli esiti, le aveva consigliato una valutazione chirurgica e un’eventuale prosecuzione diagnostica.

Subito dopo la paziente era  stata  visitata  dal radiologo, che le aveva suggerito un controllo a sei mesi. Cinque mesi dopo però, la paziente veniva  ricoverata  nella stessa struttura ospedaliera e le  era  diagnosticato  un  carcinoma  mammario  metastatizzato,  di cui poi moriva dopo un anno e mezzo. Attribuendo quindi ai due medici “inidonea condotta professionale”, i familiari hanno chiesto all’Asl il risarcimento dei danni.

Il Tribunale accoglieva parzialmente la richiesta, ritenendo  l’Asl responsabile per la condotta del medico e condannandola al risarcimento per il  danno  da perdita di chance subito dalla paziente per il danno morale – “ritenendo sussistente il reato di lesioni colpose” – in via equitativa.

La Corte d’Appello invece ha poi respinto la richiesta di risarcimento…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Cassazione: “Il medico deve usare sempre un linguaggio che sia comprensibile al paziente”,” Quotidiano sanità

Tratto dahttp://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=60235