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Uno dei paradossi sulla disabilità del nostro Paese – Ospedali non accessibili

Uno dei tanti paradossi italiani è che le persone con disabilità sono ancora prevalentemente considerate malate, ma spesso i luoghi preposti alla cura dei malati non sono affatto accessibili. Un servizio come “DAMA”, avviato da molti anni all’Ospedale San Paolo di Milano, ha già prodotto tante positive ricadute nel resto del Paese, contribuendo a rendere più ricettive una serie di strutture, e non solo per chi vive con una grave disabilità. È certamente un modello da sostenere, per far sì che gli ospedali diventino realmente per tutti, il prima possibile

Storia nota, uno dei paradossi sulla disabilità del nostro Paese è questo: le persone con disabilità sono prevalentemente considerate malate, ma i luoghi preposti alla cura dei malati non sono accessibili. “Apolide della sanità”, per il cittadino con disabilità l’ospedale può diventare un labirinto a più livelli.
Se n’è parlato approfonditamente il 6 ottobre scorso a Milano, durante un convegno in Regione Lombardia, intitolato Oltre il Progetto “DAMA”. Da una rete nazionale degli ospedali per la disabilità a un nuovo approccio culturale al benessere delle persone con disabilità [se ne legga anche la presentazione nel nostro giornale, N.d.R.], soffermandosi sulle esperienze fatte e su quelle future, sui risultati ottenuti, i progetti e i rischi.

In Italia in principio fu DAMA (acronimo di Disabled Advanced Medical Assistance), esperienza dell’Ospedale San Paolo di Milano, che consentì alle persone con gravi disabilità di entrare nella struttura per curarsi come cittadini comuni. Oggi è stato ancora DAMA a volere il convegno di Milano, in collaborazione con la Fondazione Mantovani Castorina, la Regione Lombardia e l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) Santi Paolo e Carlo di Milano, oltreché con il patrocinio del Comune di Milano.
Ho chiesto una panoramica della situazione a Filippo Ghelma, che è il medico chirurgo oggi responsabile del Servizio DAMA al San Paolo di Milano. Ci conosciamo da una vita.

Dottor Ghelma, perché un incontro di questo tipo?
«Perché ho sentito la necessità, insieme ai colleghi che quotidianamente lavorano in servizi come il nostro DAMA, di fare il punto della situazione a livello nazionale e di rilanciare il nostro lavoro con nuovi obiettivi. Il rischio, soprattutto se un servizio è sufficientemente autonomo ed efficace, è che si venga dati per scontati e quindi lasciati a noi stessi. Presentare il nostro lavoro, dimostrare che è possibile far nascere servizi così in altre realtà ospedaliere, è utile per raggiungere un numero sempre maggiore di persone».

Ma cos’è esattamente DAMA e come rispondete alle critiche che ogni tanto vi vengono mosse?
«DAMA è un’Unità Dipartimentale del Presidio Ospedaliero San Paolo di Milano, dedicato all’accoglienza e alle cure ospedaliere delle persone con gravi disabilità intellettive e neuromotorie. È nato nel 2000 come progetto sperimentale, poi è divenuto una realtà stabile, che ha perfezionato un modello organizzativo flessibile, in grado di adattare l’ospedale alle necessità spesso molto particolari che, in un’organizzazione rigida, ostacolerebbero il raggiungimento del diritto alla cura e alla salute riconosciuto ad ogni persona. La sua flessibilità ha permesso di adottare il modello DAMA in altri ospedali. Circa le critiche: chi non fa, ne riceverà poche; chi fa, specie in un campo così difficile, ne riceverà molte. Le critiche, se ben motivate e poste in modo costruttivo, possono solo migliorare il sistema. Con l’aumento della nostra attività (attualmente sono 5.700 pazienti in carico, per più di 50.000 accessi totali), non essendo un sistema a risorse infinite, le risposte che daremo saranno sempre meno tempestive ed efficaci, nonostante l’impegno. Dobbiamo pertanto adoperarci perché il carico di lavoro si distribuisca su più ospedali e sia supportato da una rete territoriale di servizi. Abbiamo bisogno di non essere lasciati soli».

Quanti DAMA ci sono oggi in Italia?
«Ufficialmente otto: oltre a Milano, VareseMantova, Bari, Bolzano, Empoli (Firenze), Bologna e Cosenza, con due percorsi nello stesso ospedale. Potrebbero aggiungersi a breve Torino e Pordenone. Non bisogna per altro dimenticare che DAMA ha fatto nascere molti altri servizi che svolgono la loro attività facilitando l’organizzazione dei percorsi ambulatoriali o agevolando i percorsi di pronto soccorso».

Le persone con disabilità sono ancora escluse dalla piena fruizione dei servizi ospedalieri?
«Molto è stato fatto per umanizzare gli ospedali, ma siamo ancora lontani dal pieno soddisfacimento di questo diritto per le persone con grave disabilità. Fino a quando continueremo a dare la colpa ai nostri pazienti perché hanno condizioni troppo complesse e noi e la nostra organizzazione non riusciremo a curarci di loro, sarà difficile vedere qualche risultato. Dobbiamo concentrarci di più sul come fare invece che sul cosa fare. Non dimenticando che le risorse non sono infinite e che dobbiamo garantire i diritti di tutte le persone, con e senza disabilità»…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Ospedali per tutti, il prima possibile”, superando.IT

Tratto dahttp://www.superando.it/2017/10/25/ospedali-per-tutti-il-prima-possibile/