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Deborah Capanna – “La disinformazione ci priva della dignità”: cosa vuol dire soffrire di una malattia invisibile

Le malattie rare possono essere invalidanti, ma non immediatamente riconoscibili perché spesso non lasciano segni evidenti sul corpo. Chi ne soffre spesso viene accusato di essere ipocondriaco o semplicemente troppo emotivo. upday ha raccolto le storie di due donne che da anni combattono contro la malattia e il pregiudizio

“Il nostro dolore viene sminuito tantissime volte. Esiste l’idea per cui il malato deve necessariamente essere una persona sciatta, quindi quando uno va in ambulatorio in maniera ‘presentabile’ si viene a creare il pregiudizio mentale in base al quale, se appari bene, automaticamente stai bene”. Deborah Capanna ha 48 anni e fin da quando era soltanto un’adolescente ha trascorso buona parte della sua vita peregrinando tra specialisti, ospedali e ambulatori alla ricerca della causa dei suoi continui malesseri.

Inizialmente i suoi sintomi vengono presi alla leggera. Qualcuno le dà anche della bambina emotiva, vittima di timori e ansie ingiustificate sulla sua salute. Finché un giorno, all’età di 28 anni, la situazione precipita: “Così è iniziato il mio cammino di malata invisibile. Sono peggiorata tantissimo, avevo dolori in tutto il corpo e ho dovuto smettere di lavorare” racconta.  “Ho avuto la diagnosi definitiva soltanto due anni fa: collagenopatia ereditaria, si chiama sindrome di Ehlers-Danlos, e correlate a questa sindrome ci sono una visceroptosi importante e fibromialgia“.

Cosa sono le malattie rare

“Una malattia si definisce ‘rara’ quando la sua prevalenza, intesa come il numero di casi presenti su una data popolazione, non supera una soglia stabilita. In Europa la soglia è fissata allo 0,05 per cento della popolazione, ossia 5 casi su 10mila persone” spiega la dottoressa Nicoletta del Papa, reumatologa dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano, che continua: “Il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla tra le 7mila e le 8mila, ma è una cifra considerata provvisoria, dal momento che cresce ogni anno con l’avanzare dei progressi della ricerca scientifica. In definitiva, non si parla di pochi malati, ma di milioni di persone in Italia e addirittura decine di milioni in tutta Europa“.

Come evidenziato dalla dottoressa Del Papa, in base ai dati del Registro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10mila abitanti. Il 20% coinvolge l’età pediatrica mentre l’80% sono patologie dell’età adulta ed includono più frequentemente malattie del sistema nervoso, del sangue e del sistema immunitario. Secondo le stime, nel nostro Paese i malati con un’esenzione per patologia rara sono circa 400mila.

“Vivere con una malattia rara vuol dire essere invisibili”: la storia di Deborah

“Le prime diagnosi purtroppo si sono rivelate sbagliate. A queste si sono poi associate delle terapie errate che non hanno fatto altro che ritardare la diagnosi e, soprattutto, peggiorare il quadro clinico. Questo perché quando ti danno delle terapie sbagliate poi non sai più quali sono i sintomi della malattia e quali gli effetti collaterali dei farmaci, quindi diventa veramente un caos riuscire a capire. La sindrome di Ehlers-Danlos è una di quelle malattie rare che ha un ritardo di diagnosi pazzesco“, racconta ancora Deborah Capanna.

“La sindrome di Ehlers-Danlos è una malattia ereditaria del collagene caratterizzata da ipermobilità articolare, iperlassità del derma e fragilità diffusa dei tessuti”, spiega la professoressa Del Papa. “Non è facile definire una frequenza di tale sindrome nella popolazione generale, perché i casi sono relativamente pochi e suddivisi fra le diverse forme. Comunque, i dati disponibili indicherebbero una frequenza di 1 caso su 5mila individui di tutte le forme della sindrome nel loro insieme”.

Avere una diagnosi è fondamentale innanzitutto per il paziente: “Conoscere il proprio nemico è basilare perché solo così si possono adottare strategie per tenerlo sotto controllo, capire i sintomi, non prendere magari farmaci sbagliati. Tutta una serie di accorgimenti importantissimi, quindi la diagnosi è un primo step” sottolinea Deborah. “Poi ovviamente non è che ottenuta una diagnosi sia tutto in discesa. Anche per i malati diagnosticati molte volte mancano i percorsi, i piani terapeutici, gli specialisti che se ne occupano. Se si prende in tempo ovviamente si riescono a fare anche terapie fisiche, riabilitazione e si riesce a rallentare il progredire della malattia, quindi la qualità di vita non è pessima come quando ci si arriva dopo 40 anni. È importantissimo”.

Nel 2014 Deborah fonda il Comitato I Malati Invisibili, un’associazione che si occupa di malati adulti affetti da patologie senza nome, sia genetiche che di altra natura. “Vivere con una malattia rara vuol dire essere invisibili, per tantissime cose: per l’assistenza sanitaria, per l’assistenza sociale, per l’invalidità civile. Facciamo molta fatica ad avere un aiuto economico. Io, per esempio, ricevo testimonianze di persone disperate in situazioni familiari assurde, che vivono veramente al limite, che sono emarginate e rimangono invisibili”.

Secondo la dottoressa Del Papa, facendo un confronto con gli anni passati, “il riconoscimento da parte del governo e delle Regioni delle ‘Malattia rare’, nonché l’istituzione di registri, migliora la situazione di questi pazienti, almeno in termini di politiche sanitarie, facilitando e regolamentando la loro gestione”. Esistono però ancora delle lacune: “Se ad oggi il paziente accede più facilmente alla diagnosi e alle terapie, manca ancora l’attenzione alla persona e alle ripercussioni che una malattia rara ha inevitabilmente sull’attività sociale e lavorativa del paziente e in definitiva sulla qualità di vita del paziente stesso”, conclude.

Affermazioni che trovano conferma nelle parole di Deborah: “Ho dovuto lasciare il lavoro, non ho figli, dipendo completamente da mio marito e ho una qualità di vita pessima. La difficoltà più grande in assoluto è il sentirsi abbandonati. È psicologicamente frustrante. Sono fortunata perché ho un marito, altrimenti sarei in mezzo a una strada”.

La donna racconta poi cosa voglia dire in concreto convivere con la sua malattia: “La collagenopatia è un difetto genetico del collagene, che è quella cosa che tiene insieme tutti gli organi. Io ad esempio, nella mia forma di malattia, ho una visceroptosi importante, che comporta il prolasso degli organi interni e del pavimento pelvico. Da sdraiata gli organi sono in sede, quando sono in piedi mi prolassano. È come se fosse un elastico: quando mi alzo automaticamente prolassa tutto”.

Proprio a causa della visceroptosi Deborah è costretta a stare sdraiata per molte ore e a comunicare con il mondo attraverso il suo computer: “È un disagio che può capire solo chi lo vive. Eppure io sembro una persona sanissima. Invece noi soffriamo di dolore cronico, che non ci abbandona mai e che assume varie forme a seconda dell’organo colpito, a seconda del momento. Tu convivi con questo dolore e ci sono dei giorni in cui non riesci neanche ad alzarti dal letto e quindi puoi solo sperare di riuscirci il giorno dopo. Viviamo così, alla giornata, ed è orrendo“, conclude…”

Fonte: upday

Tratto da: https://news.upday.com/it/la-disinformazione-ci-priva-della-dignita-cosa-vuol-dire-soffrire-di-una-malattia-invisibile/