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Nefropatia cronica – In fase 3 dapagliflozin riduce del 39% il rischio di scompenso renale e morte

Risultati dettagliati dello studio di fase 3 DAPA-CKD – presentati all’ESC 2020 – dimostrano che dapagliflozin in aggiunta allo standard di cura ha ridotto la misura composita del deterioramento della funzione renale, o il rischio di morte per malattia cardiovascolare (CV) o renale, del 39% rispetto al placebo nei pazienti con malattia renale cronica (CKD), con o senza diabete di tipo 2

Lo studio DAPA-CKD ha verificato l’ipotesi che il trattamento con dapagliflozin fosse superiore al placebo nel ridurre il rischio di eventi renali e cardiovascolari in pazienti con malattia renale cronica (con o senza diabete di tipo 2) che già ricevevano una dose stabile di un inibitore dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE-inibitore) o di un bloccante del recettore dell’angiotensina (ARB) come terapia di base.

L’endpoint composito primario è stato definito come riduzione persistente =/> 50% del tasso stimato di filtrazione glomerulare (eGFR), dell’insorgenza di malattia renale allo stadio terminale (ESKD) e di morte per cause cardiovascolari o renali.

Come accennato, lo studio ha dimostrato una riduzione altamente significativa del 39% del rischio di endpoint primario, simile nei diabetici e non diabetici. La riduzione del rischio assoluto (ARR) è stata del 5,3% nel tempo mediano dello studio di 2,4 anni. Lo studio ha anche raggiunto tutti gli endpoint secondari, compresa una significativa riduzione del 31% (ARR = 2.1%, p=0.0035) del rischio di morte da tutte le cause rispetto al placebo.

“DAPA-CKD diventerà una pietra miliare nella storia della Nefrologia. Tali dati, rilevanti su tutti gli endpoint e ampiamente rappresentativi, sono di enorme importanza per la comunità scientifica nefrologica che auspica, quanto prima, di poter prescrivere questi farmaci» ha commentato Luca De Nicola, professore ordinario di Nefrologia presso l’Università “Vanvitelli” di Napoli.

«A ciò si aggiunge il bisogno di agire precocemente sull’elevato numero di pazienti ad alto rischio che non sono tuttora consapevoli del proprio stato di malattia, favorendo un coinvolgimento tempestivo del nefrologo, che possa trattarli con i migliori farmaci disponibili» ha aggiunto De Nicola.

Con questo studio si completa il profilo cardiorenale del farmaco. lo scorso anno lo studio DAPA-HF aveva dimostrato la capacità di ridurre del 20%  gli eventi cardiovascolari e le ospedalizzazioni nei pazienti con scompenso cardiaco, con e senza diabete. Il DAPA-CKD completa il quadro di sicurezza.

Il razionale della ricerca
«Recenti studi sugli esiti cardiovascolari hanno dimostrato che gli inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio 2 (SGLT2) rallentano la progressione della malattia renale cronica (CKD) nei pazienti con diabete di tipo 2 ad alto rischio cardiovascolare»…”

Per continuare a leggere la news originale:
Fonte: “Nefropatia cronica, dapagliflozin riduce del 39% il rischio di scompenso renale e morte per causa cardiovascolare o renale. #ESC2020”; PHARMASTAR