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Malattie rare – Albinismo, Francesca e Davide sono due fratelli di 15 e 10 anni tuttora discriminati

In Africa, ma anche in Italia, l’albinismo con tutti i problemi di vista e salute che comporta, è visto con pregiudizio e chi ne soffre è spesso vittima di bullismo

All’ombra del pregiudizio ogni mondo è paese. Così nascere albini, in Africa come in Italia, rischia di far diventare comunque stranieri in patria, fenomeni da circo, oggetto di curiosità e discriminazione, bersagli in carne e ossa. In Africa l’albinismo può ancora significare una condanna a morte. Un report pubblicato nel 2018 dall’ufficio dell’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite segnala 150 casi di uccisioni, attacchi e altre violazioni dei diritti umani nei confronti di persone con albinismo in Malawi nei quattro anni precedenti «a causa delle false credenze che le loro parti del corpo — affermano dall’Onu — possano portare fortuna al potere politico se usate nei rituali legati alla stregoneria». Quasi seimila chilometri li dividono. La storia di Francesca e Davide (nomi di fantasia), due fratelli italiani rispettivamente di 15 e 10 anni, corre però parallela a quella di Cornel Chiliswa, 37 anni, vicepreside di una scuola primaria nel distretto di Kakamega, a ovest del Kenya.

L’anomalia genetica

In comune hanno questa anomalia genetica caratterizzata dalla completa o parziale carenza di pigmentazione melaninica nella pelle, nell’iride e nella coroide, nei peli e nei capelli. L’albinismo (dal latino «albus», cioè bianco) ha ripercussioni sulla salute della pelle e della vista. Infatti provoca diversi disturbi come il nistagmo, ovvero il continuo movimento degli occhi in senso orizzontale o verticale, e riduce la vista. Gli occhi degli albini appaiono spesso rossi e ciò è dovuto alla mancanza di pigmento nell’iride (transilluminazione iridea) e nella retina (translucenza maculare) che determina il deficit visivo. Veronica e Paolo (anche questi nomi di fantasia), i genitori dei due ragazzi, lei casalinga per accudire i figli, lui insegnante alle superiori, non sapevano di essere portatori dell’anomalia genetica. Nessun campanello d’allarme durante la gravidanza, nessun caso in famiglia. «Quando ho partorito Francesca pensai solo: mamma mia, come è chiara questa bambina». Che la figlia fosse albina le fu comunicato qualche ora dopo la nascita dal pediatra. «Quando rimasi incinta per la seconda volta, i medici ci dissero che ci sarebbe stata la possibilità di avere un altro figlio albino. Per noi non fu un problema, anzi quasi lo speravamo. In questo modo i nostri figli sarebbero stati uguali» aggiunge.

Percorso ad ostacoli

Francesca oggi frequenta il secondo anno di liceo scientifico mentre Davide è in quinta elementare. Da quattro anni la famiglia vive in un paese di montagna, al confine con la Svizzera, dopo aver passato buona parte dell’infanzia a Roma. Un trasferimento voluto proprio da Francesca. «In Italia c’è ancora molta ignoranza — spiega la mamma — . Abbiamo un camper e spesso viaggiamo all’estero. E i nostri ragazzi si accorgono di quanto la mentalità sia diversa. Da noi, per strada o in un locale, la gente si dà di gomito o non smette di guardarli. La cosa peggiore però è quando ti ride dietro le spalle. Davvero umiliante. Questo in altri Paesi europei non succede. A Roma, Francesca ha dovuto subire tante umiliazioni, anche a scuola, e voleva cambiare. Una volta le hanno addirittura chiesto: ma se ti fai male ti esce il sangue arancione? Abbiamo pensato che trasferendoci in una città più piccola la qualità della vita sarebbe migliorata». Non è andata esattamente così. Anzi. La nuova destinazione ha rivelato una dimensione, se possibile, meno umana. «All’inizio, i comportamenti vessatori e al limite del bullismo a scuola sono continuati. A dire il vero neppure gli insegnanti sono stati d’aiuto», racconta Veronica. Grazie ad un gruppo di compagni, però, Francesca adesso si è inserita. Il percorso del fratellino invece ha incontrato ancora ostacoli. Nonostante vivano molti momenti di sconforto, comunque loro sono due ragazzi solari. Io e il papà cerchiamo di dargli tutti gli stimoli possibili».

La storia di Cornel

Proprio a scuola attraverso il progetto «Apriamo gli occhi!» di CBM Italia Onlus, organizzazione umanitaria impegnata nella prevenzione e cura della cecità evitabile in Africa, Asia e America Latina, i ragazzi hanno conosciuto le storie di persone ipovedenti, e in alcuni casi albine, che vivono nei Paesi del Sud del mondo…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Francesca e Davide, fratelli albini di 15 e 10 anni ancora discriminati”, CORRIERE DELLA SERA / MALATTIE RARE

Tratto da: https://www.corriere.it/salute/malattie-rare/20_gennaio_14/francesca-davide-fratelli-albini-15-10-anni-ancora-discriminati-ba909ee6-305e-11ea-b117-147517815558.shtml