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Cure palliative – I pazienti continuano ad aumentare e la rete assistenziale non riesce a gestirli

Un rapporto del Ministero della Salute evidenzia come molti obiettivi in questo campo non siano ancora raggiunti da tutte le Regioni. In particolare, rimane critica la situazione delle reti di cure palliative e terapia del dolore pediatriche. Ecco cosa fare per invertire la rotta. *IN COLLABORAZIONE CON VIVISOL

Sono oltre 40 mila i pazienti assistiti a domicilio con cure palliative e terapia del dolore in Italia. A dirlo è la relazione ministeriale al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 38/2010, che ha rilevato i dati sul settore aggiornati al 2017. Secondo la relazione il numero totale dei pazienti assistiti è cresciuto del 32,19% rispetto al triennio precedente.

I numeri e l’evoluzione di un fenomeno in crescita

Il numero è ormai sovrapponibile a quello dei ricoveri in hospice: nel 2017, infatti, sono stati 42.572 i ricoveri nelle strutture deputate all’erogazione di cure palliative residenziali. Sebbene tali numeri evidenzino una crescita non trascurabile di pazienti, il numero sul totale degli aventi diritto rimane ancora lontano dall’assicurare un diritto fondamentale previsto nei Lea (Livelli essenziali di assistenza).

Nel recente passato si è inteso trattare con cure palliative un paziente con una prognosi stimata inferiore a tre mesi. Successivamente, il parametro è stato modificato andando a includere l’instabilità clinica e la presenza di sintomi riducenti la qualità di vita. Nell’ultima delibera di Regione Lombardia, ad esempio, ci sono dei nuovi e complessi criteri che valutano il bisogno di cure palliative superando la tempistica e il singolo sintomo. Oggi i pazienti che possono essere presi in carico sono sia oncologici che affetti da altre patologie, purché in situazione clinica compromessa.

Le cure palliative nascono per assistere il paziente in seguito alla diagnosi di malattia terminale, ma dovrebbero attivarsi precocemente (secondo il concetto di “simultaneous care), affiancando lo specialista e preoccupandosi di tutti quei sintomi  spesso tralasciati in un percorso di cura volto principalmente a contrastare la progressione di malattia. La ricerca della qualità della vita, infatti, non dovrebbe essere un risultato da raggiungere solo quando la malattia è avanzata e incurabile, ma dovrebbe essere un obiettivo di tutti noi, sani e malati, pazienti e medici, insomma esseri umani.

Unire assistenza ed empatia a casa del paziente

In seguito alla prima visita, che avviene entro 48 ore dal colloquio conoscitivo, nelle cure palliative domiciliari inizia l’assistenza vera e propria. Le varie figure si avvicendano a casa del paziente, ognuno con le proprie specifiche competenze ma tutti con l’obiettivo di accompagnarlo in un momento molto delicato della vita, in cui la sofferenza sia meno protagonista. La reale finalità delle cure palliative è intraprendere un percorso di consapevolezza con il paziente e la sua famiglia, affinché, nel rispetto della dignità e della qualità della vita, possa affrontare il momento più difficile assistito e confortato. Essere palliativisti vuol dire essere professionali e formati, ma umani e disponibili. Bisogna sapersi immedesimare con empatia, saper comunicare e soprattutto saper ascoltare e sentire.

L’équipe di cure palliative è composta da medici, infermieri, psicologi, fisioterapisti e operatori sociosanitari, ed è un team “circolare”, attivato a seconda dei reali bisogni della persona assistita. In seguito alla richiesta di cure palliative domiciliari da parte del paziente, la prima valutazione la esegue il medico palliativista insieme all’infermiere, i quali valuteranno l’eventuale coinvolgimento di altre figure professionali. Generalmente, il modello adottato è tipicamente anglosassone, nel quale la figura centrale dell’assistenza è l’infermiere. Da vero e proprio care manager sarà la figura di riferimento per il malato, la famiglia e gli altri operatori coinvolti, come la fondatrice delle cure palliative Florence Nightingale ha insegnato. Per competenze e profilo professionale, infatti, l’infermiere è la figura migliore per entrare nelle case dei pazienti ed essere accolto con maggiore vicinanza ed empatia, elemento centrale nelle cure di fine vita.

Tanta strada ancora da fare

Purtroppo, il rapporto del Ministero evidenzia come lo sviluppo delle reti locali di cure palliative, l’identificazione dei requisiti minimi per l’accreditamento e l’adozione di modelli organizzativi uniformi, siano obiettivi non ancora raggiunti da tutte le Regioni. In particolare, rimane critica la situazione delle reti di cure palliative e terapia del dolore pediatriche, fortemente carenti in quasi tutto il territorio nazionale. Si riscontrano, infatti, delle forti carenze sistemiche e di adeguate risposte assistenziali, poiché spesso vengono ‘adattati’ protocolli per adulti che non prevedono azioni dedicate alle reali esigenze dei piccoli pazienti. Ovviamente, anche il tema del sottofinanziamento delle cure palliative da parte del Servizio sanitario nazionale riveste carattere di grave criticità, che andrebbe superata iniettando maggiori risorse a garanzia del diritto dei pazienti ad essere seguiti adeguatamente.

Gli Homecare provider e le cure palliative

Già da parecchi anni, alcuni Homecare provider seguono con cura e attenzione numerosi pazienti nel percorso assistenziale con cure palliative domiciliari. È grazie alla professionalità e alla preparazione delle equipe, costituite da personale medico, infermieristico e riabilitativo dedicato, che si riesce a garantire al paziente e alla sua famiglia un accompagnamento assistenziale e umano in un momento significativo come quello del fine vita…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Cure palliative, i pazienti crescono ma la rete assistenziale non riesce a gestirli”, ABOUTPHARMA

Tratto da: https://www.aboutpharma.com/blog/2019/04/29/cure-palliative-i-pazienti-crescono-ma-la-rete-assistenziale-non-riesce-a-gestirli/