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Malattie rare – Sclerosi laterale amiotrofica (SLA), la “Spoon River” dei calciatori morti

La Sclerosi Laterale Amiotrofica ha colpito anche Marco Sguaitzer, morto pochi giorni fa a 60 anni. L’incidenza media della malattia è di 1,7 casi ogni centomila abitanti, tra i calciatori italiani arriverebbe fino a 3,2: ecco i motivi

L’ultimo a «pagare» la scelta di una vita è stato Marco Sguaitzer, scomparso pochi giorni fa a 60 anni. Il suo nome è l’ultimo di una lista sempre più corposa di calciatori le cui vite sono state stroncate dalla sclerosi laterale amiotrofica .

La Sla e i calciatori

Perché una simile «Spoon River» sia potuta accadere, non è ancora dato saperlo. Ma che esista una correlazione – essere stato calciatore determina un’aumentata probabilità di poter sviluppare la malattia – è ormai praticamente assodato. Evidenze di questo tipo ce n’erano già, l’ultima però non lascia adito a dubbi: il rischio risulterebbe aumentato fino al doppio e i calciatori (o ex) potrebbero ammalarsi anche in largo anticipo rispetto al resto della popolazione.

Dai dati preliminari in possesso dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri si evince infatti che se l’incidenza media della malattia è di 1,7 casi ogni centomila abitanti, tra i calciatori italiani arriverebbe fino a 3,2: sempre su un campione di centomila unità. A queste conclusioni, i ricercatori milanesi sono giunti dopo aver spulciato i curricula di oltre venticinquemila ex calciatori professionisti italiani, in attività durante un periodo lungo quarant’anni: tra il 1959 e il 2000. L’analisi dei loro trascorsi, incrociata ai dati clinici di chi ha sviluppato la Sla, ha permesso ai ricercatori di avere la conferma di quella che era soltanto un’ipotesi: i calciatori convivono con un rischio più alto di ammalarsi, che preoccupa soprattutto in ragione dell’assenza di cure efficaci.

Le cause? Impossibile (ancora) determinarle

La ricerca, non ancora pubblicata, sarà presentata a maggio al congresso annuale dell’American Academy of Neurology, in programma a Philadelphia dal 4 al 10 maggio. Tra i calciatori, in media, la Sla è insorta a 43 anni, rispetto 63 che si registrano come età media della diagnosi nella popolazione generale. «Alla luce dei casi di malattia già registrati, il nostro studio conferma che i calciatori convivono con un rischio aumentato di sviluppare la malattia», anticipa Ettore Beghi, responsabile del laboratorio di malattie neurologiche dell’istituto di ricerche milanese. Preso atto di ciò, però, quello che i calciatori (o ex) e le loro famiglie vorrebbero sapere a questo punto è quali siano i fattori di rischio a cui chi ha trotterellato per anni sul prato verde è risultato più esposto rispetto al resto della popolazione.

Certezze, a riguardo, non ce ne sono. «I ripetuti eventi traumatici, l’esercizio fisico intenso e l’uso di sostanze farmacologiche potrebbero avere un ruolo – aggiunge l’esperto -. Al momento, però, non siamo in grado di affermare altro, a riguardo. E poi occorre considerare l’eventuale predisposizione genetica alla malattia »: senza la quale l’esposizione a un fattore di rischio potrebbe risultare comunque insufficiente a innescare il processo degenerativo. Ecco spiegato perché, secondo Beghi, «i risultati dello studio non devono portare nessuno a evitare questo sport: né a continuarlo né eventualmente a intraprenderlo».

I limiti della genetica

L’aspetto della predisposizione genetica va chiarito…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “La “Spoon River” dei calciatori morti per la Sla”, LA STAMPA SALUTE

Tratto da: https://www.lastampa.it/2019/03/29/scienza/la-spoon-river-dei-calciatori-morti-per-la-sla-Ift7NRDmv1877OSlIPQKdP/pagina.html