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Blocchi di memoria – Studio sulle cellule nervose di un verme per capirne il fenomeno

Un particolare fenomeno, chiamato blocco di memoria, che si manifesta nei processi di apprendimento, non è dovuto a un problema nel meccanismo di formazione dei ricordi, quanto piuttosto a un’incapacità di recuperarli. Lo ha stabilito un nuovo studio sperimentale condotto su C. elegans, un piccolo verme con sole 302 cellule nervose

Gli studiosi lo chiamano blocco di memoria, o blocco di Kamin. Si verifica quando un animale che ha già imparato a rispondere a un input percettivo, per esempio un suono, in seguito non riesce ad apprendere a rispondere a un input di tipo diverso, come un lampo di luce, se questo viene presentato insieme al primo. Si tratta di un meccanismo fondamentale per il processo di apprendimento dall’esperienza, in cui ha un ruolo centrale la presenza di un effetto sorpresa.

Ora uno studio pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” da Derek van der Kooy e colleghi dell’Università di Toronto, in Canada, ha scoperto che questo blocco non è dovuto a un problema nel meccanismo di formazione dei ricordi, quanto piuttosto a un’incapacità di recuperarli. Il risultato è stato ottenuto studiando Caenorhabditis elegans, un piccolo verme lungo solo un millimetro, che rappresenta uno degli organismi più utilizzati nei laboratori di biologia, per la sua semplicità: il suo sistema nervoso è formato da 302 cellule nervose, la cui posizione è nota con certezza.

Per studiare il blocco di memoria in C. elegans, van der Kooy e colleghi hanno utilizzato due sostanze: il sale e la benzaldeide, che conferisce alle mandorle il loro caratteristico sapore. Normalmente i vermi sono attratti da queste due sostanze, ma gli autori ne hanno addestrato alcuni a sviluppare una forte avversione al sapore del sale o all’odore della benzaldeide. Hanno poi mostrato che l’avversione per ciascuna di esse poteva essere soppressa presentandole insieme nell’ambiente intorno a verme. Approfondendo a livello biochimico il processo, hanno evidenziato che il ricordo dell’avversione della benzaldeide, per esempio, si era formato, ma non poteva essere recuperato: il verme l’aveva dimenticato.

“Questo dato è molto interessante perché contraddice la classica interpretazione del blocco, in cui si ritiene che un elemento di sorpresa sia necessario perché venga disturbata la seconda associazione”, ha spiegato Daniel Merritt, primo autore dell’articolo. “I nostri dati mostrano che la memoria si forma ma è l’espressione di un comportamento che è soppresso in qualche modo”.

L’effetto del blocco dura circa quattro ore. Cosa succede nella mente del verme durante quel tempo?…””

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Nella mente di un verme per capire i blocchi di memoria”, Le Scienze

Tratto dahttp://www.lescienze.it/mente-e-cervello/2019/02/20/news/mente_verme_blocco_memoria-4302185/