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Malattie rare – Malattia di Pompe, Nicola e i 50 chilometri di curve per curarsi

Il bambino vive in provincia di Matera ed è affetto dalla malattia di Pompe, una grave patologia neuromuscolare. A Brescia un altro piccolo ha ottenuto l’«home therapy»

Racconta Antonietta, mamma di un bambino di nove anni che soffre di una patologia genetica rara, la malattia di Pompe (si veda il grafico): «Nicola non può muoversi, vive su una sedia a rotelle, è attaccato a un respiratore 24 ore al giorno, si nutre tramite la peg, un tubicino inserito nello stomaco, ha continuamente bisogno di ricorrere alla cosiddetta “macchina della tosse” che serve per liberare trachea e polmoni dalle secrezioni che potrebbero soffocarlo. A soli tre mesi ha dovuto iniziare le infusioni con la terapia enzimatica sostitutiva, che dovrà fare per tutta la vita». «Abitiamo in un paesino di montagna, in provincia di Matera, e ogni settimana dobbiamo portare Nicola all’ospedale San Carlo di Potenza dove fanno l’infusione, che dura diverse ore — prosegue Antonietta — . Ogni volta il viaggio è un’impresa: trasportare tutte le attrezzature che permettono a Nicola di vivere, percorrere 50 chilometri di curve anche col maltempo, restare in ospedale tutto il giorno con il rischio che il bambino possa contrarre qualche virus. Per chi, come lui, ha anche una gastroenterite può essere fatale.

Terapia domiciliare a Brescia

«Abbiamo chiesto — continua Antonietta— alla Asl di poter seguire la terapia a domicilio ma ancora non abbiamo avuto risposta. Vorremmo soltanto poter offrire a nostro figlio una vita più dignitosa, risparmiandogli lo stress del viaggio e dell’ospedale, visto che negli ultimi tempi ha avuto anche attacchi di panico». Dalla Basilicata alla Lombardia. A Brescia vive un altro bambino affetto, come Nicola, dalla malattia di Pompe, che dall’anno scorso può fare le infusioni a casa sua, ma solo in seguito a un lungo iter burocratico e alla battaglia legale portata condotta dai genitori. Il medicinale è autorizzato per l’uso ospedaliero dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), per cui erano necessarie diverse autorizzazioni ufficiali, compresa, oltre a quelle dell’Aifa, quella della Regione Lombardia. «Erano tutti favorevoli alla terapia domiciliare ma i tempi stavano diventando lunghi, per questo ci siamo rivolti al tribunale di Brescia — racconta il papà del piccolo Jacopo (nome di fantasia), che oggi ha sette anni —. Dopo un anno di attesa, abbiamo fatto di nuovo ricorso; nel frattempo, grazie all’aiuto dell’Associazione italiana glicogenosi (Aig), alla Regione e alle strutture ospedaliere coinvolte, siamo riusciti a ottenere la terapia a domicilio. In questi mesi la nostra vita è cambiata, mio figlio si è ammalato molto meno, le sue condizioni generali sono migliorate, ha più tempo a disposizione per l’istruzione a domicilio e per imparare a comunicare col puntatore oculare. Speriamo che la nostra battaglia possa essere utile anche ad altre famiglie».

Diritto riconosciuto

«Siamo riusciti a ottenere la terapia domiciliare per questo bambino, in Italia primo e unico caso per questa patologia, ora chiediamo che altri pazienti, a partire da quelli più gravi come il piccolo che vive in Basilicata, possano avere diritto alla stessa opzione — afferma Gianfranco Stefanelli, presidente di Aig — . All’estero la terapia domiciliare per la malattia di Pompe è una prassi, e il farmaco è sempre lo stesso». Conferma Antonio Toscano, responsabile del Centro regionale di riferimento per le malattie neuromuscolari rare presso l’Azienda ospedaliera universitaria- Policlinico «G. Martino» di Messina e, per l’European Academy of Neurology, delle malattie muscolari: «In Gran Bretagna e in Olanda i pazienti con malattia di Pompe fanno la terapia domiciliare, in Italia le infusioni possono essere fatte solo nei centri di riferimento e in ospedali correlati secondo disposizioni ministeriali. Ci sono bambini di pochi mesi o anche pazienti in ventilazione assistita che devono percorrere anche un centinaio di chilometri per raggiungere il centro dove fare il trattamento, con disagi notevoli, come è facile immaginare, e rischi di infezioni». Capita anche di dover rinunciare alla cura per problemi economici. Riferisce Toscano: «Un paziente di Catania, che ogni due settimane veniva a praticare la terapia presso il nostro centro di Messina l’ha sospesa perché attualmente non può permettersi i costi del trasferimento».

Il problema sicurezza

Le infusioni a domicilio sono sicure? «Agli inizi della terapia, nei primi 2-3 mesi, è consigliabile che il paziente le faccia in ospedale — risponde l’esperto — . Poi, potrebbe continuarle a domicilio, con la presa in carico da parte della Asl di competenza, effettuando i controlli periodici presso il centro di riferimento…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Nicola, i 50 chilometri di curve per curarsi e la terapia a casa negata”, CORRIERE DELLA SERA / MALATTIE RARE

Tratto dahttps://www.corriere.it/salute/malattie-rare/18_novembre_27/terapia-casa-negata-bambini-che-soffrono-glicogenosi-5e96b63c-ef43-11e8-9117-0ca7fde26b42.shtml