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Osteopenia – Da un vecchio farmaco una possibile soluzione

E’ proprio vero che i vecchi farmaci sono una miniera di sorprese! Zoledronato è un bisfosfonato (BSF) impiegato da anni con successo nel trattamento dell’osteoporosi. Ora un nuovo studio, pubblicato su NEJM, ha dimostrato che il rischio di fratture di fragilità non verterbrali o vertebrali è significativamente più basso nelle donne osteopeniche trattate con zoledronato rispetto a quelle trattate con placebo, suggerendo una possibile estensione d’impiego di questo farmaco a questa patologia metabolica dell’osso

Perchè zoledronato nell’osteopenia?
I BSF prevengono le fratture nei pazienti affetti da osteoporosi (OP), una patologia ossea diagnosticata, mediante esame della densità minerale ossea (BMD), grazie al riscontro di valori di densità minerale ossea almeno 2,5 volte al di sotto della media di un adulto sano (T-score), oppure identificata per la presenza di fratture vertebrali.

E’ invece, sostanzialmente sconosciuta l’efficacia di questi farmaci nell’osteopenia, termine con il quale si indica la presenza di una BMD inferiore ai livelli di normalità, ma non sufficientemente bassa per parlare di OP.

“Eppure – ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio – molti pazienti a rischio elevato di frattura non hanno T score inferiori a -2,5 (indicativi di OP) ma sono osteopenici in combinazione con altri fattori di rischio come l’età”.

Di qui la necessità di condurre studi ad hoc in grado di fornire evidenze a favore dell’efficacia di questi farmaci nell’osteopenia.

“Zoledronato – continuano i ricercatori – ha caratteristiche che lo rendono di potenziale interesse per l’impiego nelle donne osteopeniche. E’ somministrato, infatti, mediante iniezione endovena ad intervalli pari o superiori ad un anno, è preferito ai BSF orali da un’ampia maggioranza di pazienti e mostra un profilo di safety soddisfacente”.

Per queste ragioni è stato scelto come farmaco sul quale allestire un trial per valutarne l’efficacia sulle fratture in donne in post-menopausa con densità minerale ossea all’anca tipicamente osteopenica.

Disegno dello studio
Lo studio, randomizzato, in doppio cieco, controllato vs. placebo, ha voluto determinare l’efficacia di zoledronato vs. placebo in funzione anti-frattura su un campione di 2.000 donne in post-menopausa ultra-65enni. Queste erano state reclutate in Nuova Zelanda mediante consultazione dei registri elettorali di Auckland e sono state randomizzate, secondo uno schema 1:1, al trattamento con 4 infusioni di zoledronato (al dosaggio di 5 mg) o a placebo, ad intervalli di 18 mesi.

Tutte le partecipanti sono state seguite per un periodo di 6 anni. Alle donne che non stavano già assumendo supplementazioni di vitamina D è stata somministrata una singola dose orale di colecalciferolo (2.5 mg [100,000 IU]) almeno una settimana prima della loro prima infusione. A ciò ha fatto seguito il trattamento mensile con colecalciderolo 1,25 mg per l’intera durata del trial. Era raccomandato il ricorso all’assunzione di calcio mediante l’alimentazione (1 g/die).

L’endpoint primario era rappresentato dal tempo alla prima manifestazione di frattura di fragilità. Tra gli endpoint secondari, invece, vi erano la manifestazione di frattura sintomatica (clinica), di frattura vertebrale, nonché il riscontro di variazioni della statura corporea e la valutazione della mortalità.

I ricercatori hanno considerato anche alcuni endpoint esplorativi pre-specificati, quali l’insorgenza di fratture non vertebrali di fragilità, fratture sintomatiche vertebrali, fratture di femore e all’avambraccio o al polso…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Zoledronato, da un vecchio farmaco una possibile soluzione per l’osteopenia”, PHARMASTAR

Tratto dahttps://www.pharmastar.it/news/orto-reuma/zoledronato-da-un-vecchio-farmaco-una-possibile-soluzione-per-losteopenia-27806