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Parkinson – Evidence-based medicine conferma benefici ‘apomorfina’ di ridurre tempo off

I benefici nella malattia di Parkinson (PD) dell’apomorfina, molecola ad azione dopamino-agonista, sono stati finalmente confermati grazie ai risultati del primo trial randomizzato controllato sul farmaco per questa indicazione, lo studio TOLEDO, pubblicato su “Lancet Neurology”. Va fatto peraltro notare che l’apomorfina è in uso già da molto tempo nel trattamento della patologia neurodegenerativa, soprattutto in Europa

Il trial ha dimostrato che l’infusione di apomorfina per via sottocutanea «ha effetti clinici benefici nei pazienti con PD sulle fluttuazioni motorie che persistono nonostante l’ottimizzazione dell’impiego di farmaci orali o transdermici».

Sono queste le conclusioni degli autori, guidati da Regina Katzenschlager, del Dipartimento di Neurologia e dell’Istituto Karl Landsteiner per i Disordini Neuroimmunologici e Neurodegenerativi, presso il Donauspital (Ospedale Danubio – Centro di Medicina Sociale Est) di Vienna.

«Inoltre», aggiungono i ricercatori, «la somministrazione sottocutanea continua di apomorfina potrebbe consentire di ridurre la dose e il numero di dosi di farmaci antiparkinsoniani a breve durata d’azione». I risultati dello studio TOLEDO erano stati presentati e riportati per la prima volta nel corso del meeting annuale dell’American Academy of Neurology 2017, a Boston (leggi).

La strana storia di un farmaco molto usato ma senza prove ufficiali di efficacia
Katzenschlager e colleghi ricordano che l’apomorfina è stata autorizzata per la prima volta nel Regno Unito per il trattamento del PD nel 1993 sulla base dei risultati di uno studio in aperto che aveva dimostrato come l’apomorfina abbia un’efficacia antiparkinsoniana equivalente a quella della levodopa (L-dopa) e sostengono che questo rimane l’unico farmaco disponibile con la stessa efficacia sintomatica della L-dopa.

Come accennato, inoltre, si ribadisce che l’infusione di apomorfina sottocutanea è autorizzata per gravi fluttuazioni motorie e viene rimborsata da diversi sistemi sanitari in tutto il mondo (incluso il nostro SSN).

Gli autori ricordano ancora che nel PD in fase più avanzata i pazienti possono sperimentare lunghi e fastidiosi periodi di immobilità e i tentativi di controllare le fluttuazioni con farmaci per via orale possono portare alla disattivazione della discinesia.

Le complicanze motorie persistenti possono essere gestite tramite stimolazione cerebrale profonda (DBS, Deep Brain Stimulation) o somministrazione continua di farmaci dopaminergici mediante infusione sottocutanea di apomorfina o infusione intestinale di gel di L-dopa/carbidopa. Mentre prove di alto livello supportano l’efficacia della DBS e del gel di L-dopa/carbidopa, entrambi i trattamenti sono invasivi e associati a determinati rischi, rilevano gli autori…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Parkinson, ora l’apomorfina per ridurre il tempo off ha l’imprimatur dell’evidence-based medicine”, PHARMASTAR

Tratto dahttps://www.pharmastar.it/news/neuro/parkinson-ora-lapomorfina-per-ridurre-il-tempo-off-ha-limprimatur-dellevidence-based-medicine–27682