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Alzheimer di origine infettiva – ‘Call in action’. Urgente necessità di avviare studi clinici

Un gruppo di scienziati e clinici ha redatto un editoriale che indica come alcuni microbi – un virus e due batteri, in particolare – siano la principale causa della malattia di Alzheimer (AD). Questo editoriale, pubblicato online sul “Journal of Alzheimer’s Disease” insieme agli articoli ai quali fa da commento, sottolinea l’urgente necessità di ulteriori ricerche in questa direzione e, soprattutto, di studi clinici condotti con agenti antimicrobici per il trattamento della malattia

Questa importante ‘call to action’ si basa su prove sostanziali pubblicate negli articoli contenuti nel numero della rivista. L’editoriale di riferimento del team riassume la notevole messe di dati che implicano il ruolo di questi microbi, ma finora questo lavoro è stato ampiamente ignorato o ‘liquidato’ come controverso.

Tanto è vero che le proposte per il finanziamento di trial clinici sull’AD basati su altri concetti patogenetici (come quello infettivo, per l’appunto) sono state respinte, nonostante il fatto che oltre 4 mila studi clinici per la medesima patologa neurodegenerativa basati su altri razionali scientifici siano stati condotti senza successo negli ultimi 10 anni.

Non è la prima volta che situazioni simili accadono in medicina, fanno notare gli autori. L’opposizione alla causalità microbica riunisce la fiera resistenza registrata alcuni anni fa alle prove sia che dimostravano come i virus determinassero alcuni tipi di cancro sia che un batterio fosse la causa delle ulcere gastriche.

Come è noto, questi concetti furono alla fine comprovati e ritenuti validi, portando all’avvio di trial clinici di successo e al conseguente sviluppo di trattamenti appropriati.

Chiamati in causa l’Herpes Simplex 1, la Chlamydia pneumoniae e le spirochete
Come evidenze di una componente infettiva/immunitaria, tra le altre gli autori citano il fatto che virus e altri microbi sono presenti nel cervello della maggior parte degli anziani. Sebbene di solito siano dormienti, la riattivazione di tali patogeni può verificarsi dopo stress e immunosoppressione; per esempio, il DNA del Herpes Simplex Virus Tipo 1 (HSV1) è amplificato nel cervello di pazienti immunosoppressi.

Come prove di causalità, i ricercatori ricordano che:

  • nell’uomo, l’infezione cerebrale (per es. da HIV, herpesvirus, morbillo) è nota per essere associata a patologia simile ad AD. Le prove storiche dimostrano che le caratteristiche cliniche e patologiche dell’AD si verificano anche nella demenza sifilitica, causata da una spirocheta;
  • nei topi e nelle colture cellulari si osservano la deposizione di beta-amiloide e anomalie tau tipiche dell’AD dopo l’infezione da HSV1 o batteri; è stata segnalata un’interazione diretta tra beta-amiloide e HSV1. Antivirali, incluso aciclovir, bloccano in vitro la patologia da beta-amiloide e proteina tau indotta da HSV1;
  • la disfunzione olfattiva è un sintomo precoce dell’AD. Il nervo olfattivo, che proietta alla corteccia entorinale laterale – il sito iniziale da cui caratteristicamente la patologia dell’AD si diffonde successivamente attraverso il cervello – è un probabile portale di ingresso di HSV1 e altri virus, come così come di Chlamydia pneumoniae nel cervello, implicando tali agenti nel danno a questa regione;
  • inoltre le aree del tronco encefalico che ospitano l’HSV latente irrorano direttamente queste regioni cerebrali: la riattivazione del virus nel tronco encefalico danneggerebbe quindi gli stessi tessuti di quelli colpiti nell’AD.

Inoltre, come prove crescenti del coinvolgimento di virus e batteri nel meccanismo di sviluppo della beta-amiloide, gli autori spiegano che:

  • il gene che codifica per la colesterolo 25-idrossilasi (CH25H) viene selettivamente sovraregolato dall’infezione virale e il suo prodotto enzimatico (25-idrossicolesterolo, 25OHC) induce immunità antivirale innata;
  • i polimorfismi nel CH25H umano regolano sia la suscettibilità all’AD che la deposizione di beta-amiloide, supportando il fatto che l’induzione di beta-amiloide è probabilmente tra i target di 25OHC, fornendo un potenziale collegamento meccanicistico tra infezione e produzione di beta-amiloide;
  • la beta-amiloide è un peptide antimicrobico con una potente attività contro più batteri e lieviti e possiede anche attività antivirale;
  • un altro peptide antimicrobico (beta-difensina 1) è sovraregolata nel cervello AD.

Il meccanismo eziopatogenetico infettivo proposto
«In sintesi» scrivono gli autori «proponiamo che agenti infettivi – tra cui HSV1, Chlamydia pneumoniae e spirochete – raggiungano il sistema nervoso centrale e lì restino in forma latente. Questi agenti possono subire una riattivazione nel cervello durante l’invecchiamento, insieme al declino del sistema immunitario, e durante diversi tipi di stress (che in modo simile riattivano l’HSV1 in periferia)»…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Alzheimer di origine infettiva, molte prove. Call to action per avviare studi clinici in questa direzione”, PHARMASTAR

Tratto dahttps://www.pharmastar.it/news/neuro/alzheimer-di-origine-infettiva-molte-prove-call-to-action-per-avviare-studi-clinici-in-questa-direzione-26791