Il Comitato I Malati Invisibili è presente e attivo nel territorio nazionale da aprile 2014.

(+39) 000 0000 000

info@imalatiinvisibili.it
Via Monte Suello 1/12a – 16129 Genova (IT)

Salva

Articoli recenti

CF 95173870106

info@imalatiinvisibili.it

Via Monte Suello 1/12A

16129 Genova (IT)

Carcinoma mammella – Necessarie nuove strategie per scongiurare ripresa malattia dopo i 5 anni di terapia ormonale

Un articolo pubblicato su Nature a firma dei esperti dello IEO e del centro Champalimaud di Lisbona, torna sul rischio di ripresa di malattia dopo la sospensione della terapia adiuvante con anti-estrogeni , sollevata da una metanalisi pubblicata dal NEJM. Una strategia, per la popolazione ad alto rischio, potrebbe essere quella di prolungare la durata della terapia ormonale. Ma è verosimile che neppure questo possa bastare. E gli autori suggeriscono nuove strategie che consentano di colpire contemporaneamente cellule tumorali dormienti e il microambiente nel quale si sono ‘rannicchiate’

Cinque anni di ormonoterapia, dopo la rimozione di un tumore della mammella non bastano a scongiurare la ripresa di malattia in tutte le pazienti. Ne avevamo già scritto a seguito della metanalisi pubblicata qualche tempo fa sul New England Journal of Medicine a firma di Hongchao Pan e commentata dal professor Pierfranco Conte.

Ad arricchire di idee questo argomento provvedono adesso Fatima Cardoso(Breast Unit dello Champalimaud Clinical Center, Champalimaud Foundation, Lisbona) e Giuseppe Curigliano ( Dipartimento di Ematologia e Oncologia, Istituto Europeo di Oncologia e Università di Milano), dalle pagine di Nature.

“Obiettivo principale della terapia adiuvante – ricordano gli autori – somministrata dopo la rimozione chirurgica di un tumore, è quello di ridurre il rischio di recidiva locale o di comparsa di metastasi da parte delle cellule tumorali residue, che possono permanere anche per decadi in stato quiescente.”

Molto poco purtroppo ad oggi si sa della malattia residua dormiente. La metanalisi di Pan pubblicata dal NEJM e relativa a circa 63mila donne (da 88 trial) operate di carcinoma della mammella ER positivo e sottoposte a terapia ormonale adiuvante, ha consentito di puntare i riflettori su questo stato di ‘dormienza’ delle cellule tumorali. Tutte le donne incluse nella metanalisi, dopo i canonici 5 anni di terapia ormonale erano disease-free. Ma andando ad analizzare il rischio di metastasi tardive, gli autori hanno evidenziato che queste continuano a verificarsi a tasso costante nei successivi 15 anni dalla sospensione del trattamento, cioè per almeno 20 anni dalla diagnosi iniziale.

La ricaduta più immediata di questa scoperta potrebbe essere quella di estendere la durata della terapia ormonale adiuvante oltre gli attuali 5 anni; ma questo intervento, come faceva notare il professor Conte, va accuratamente soppesato e misurato rispetto ai rischi della terapia (ad esempio, l’osteoporosi, malattie cardiovascolari, artralgie e mialgie) . Gli autori dell’articolo di Nature, inoltre, si chiedono se la strategia di prolungare la terapia ormonale possa essere realmente sufficiente a scongiurare il rischio di recidive o metastasi tardive, ricordando che un trial del 2016 che aveva testato i benefici  di 10 anni della terapia ormonale, aveva dimostrato che la terapia ‘extended version’ aveva sì ridotto il tasso di recidive locali e i tassi di sopravvivenza libera da malattia, ma non quelli di sopravvivenza complessiva.

L’effetto di un prolungamento della terapia ormonale insomma non è del tutto scontato e per capirne di più sono necessari studi con una maggiore durata del follow-up.

E forse è meglio anche ampliare l’orizzonte delle strategie anti-recidiva. Ma per questo sarà necessario analizzare con maggior attenzione le cause alla base del ‘risveglio’ delle cellule tumorali dormienti, anche a distanza di tanti anni…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Cancro della mammella: necessarie nuove strategie per scongiurare la ripresa della malattia dopo i 5 anni di terapia ormonale”, Quotidiano sanità

Tratto da: http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=59814