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Sclerosi multipla (SM) recidivante – Aumento di successi con trapianto autologo di staminali ematopoietiche nelle forme gravi

Nella maggior parte dei pazienti con sclerosi multipla (SM) recidivante, la malattia può essere facilmente controllata da terapie già disponibili e approvate. Ci sono, tuttavia, alcuni casi aggressivi che continuano ad avere attività di risonanza magnetica clinica (MRI) nonostante il trattamento. Questi sono i casi che possono ora beneficiare di un’intensa immunosoppressione seguita dal trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (aHSCT). Una review italiana pubblicata di recente sul “Multiple Sclerosis Journal” affronta l’argomento a 360°

Negli anni passati questa strategia è stata a malapena presa in considerazione dalla maggior parte degli esperti di SM, a causa del suo scarso profilo di sicurezza e dell’assenza di studi prospettici randomizzati controllati, affermano gli autori, coordinati da Gianluigi Mancardi, Direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Genova (1).

Più recentemente, pur continuando a mancare studi controllati randomizzati, sono stati pubblicati numerosi studi che dimostrano in modo convincente l’innegabile efficacia dell’aHSCT in forme più aggressive di SM, aggiungono.

La procedura dell’innesto e la ricostituzione immunologica
L’aHSCT consiste di sei fasi principali, spiegano Mancardi e colleghi. La procedura inizia con la mobilizzazione di cellule staminali ematopoietiche (HSC) dal midollo osseo mediante iniezione di ciclofosfamide e fattore stimolante le colonie di granulociti (G-CSF).

L’innesto autologo viene prelevato dal sangue periferico mediante leucaferesi (eventualmente sottoposto a selezione CD34 per la deplezione delle cellule T ex vivo). L’ablazione del sistema immunitario e, in misura variabile, mieloide può essere ottenuta con diversi protocolli di condizionamento con diverse combinazioni di farmaci citotossici.

L’innesto viene quindi reinfuso insieme alla globulina antitimocita (ATG) per la deplezione delle cellule T in vivo. Sono richiesti diversi livelli di assistenza di supporto durante la fase aplastica, compresa la profilassi antimicrobica, che sarà proseguita per 6-12 mesi.

Diversi i meccanismi proposti di azione dell’aHSCT: in primo luogo, il condizionamento porta all’esaurimento delle cellule autoimmuni patogene, quindi l’espansione omeostatica del repertorio delle cellule T produce cellule T CD8+ e CD4+, seguite (1-2 anni dall’aHSCT) dal potenziamento della regolazione immunitaria e dalla diversificazione del repertorio delle cellule T.

L’outcome neurologico dopo aHSCT è solo parzialmente correlato all’intensità del regime di condizionamento ma dipende principalmente dallo stato clinico del paziente, puntualizzano gli autori. L’aHSCT ha un profondo effetto anti-infiammatorio e, quindi, casi di SM aggressivi con breve durata di malattia, recidive e segni di attività alla risonanza magnetica (RM) sono certamente i casi che di solito hanno un risultato favorevole dopo il trapianto.

A vent’anni dal primo studio pilota, un bilancio incoraggiante
Il primo studio pilota di aHSCT nella SM è stato pubblicato 20 anni fa e, negli anni successivi, sono stati eseguiti solo piccoli studi di fase I effettuati da singoli centri, focalizzati non solo sull’esito clinico, ma anche sulla fattibilità della procedura e sui suoi effetti collaterali e sul rischio di mortalità…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “SM, trapianto autologo di staminali ematopoietiche nelle forme gravi: una via già costellata di successi”, PHARMASTAR

Tratto dahttps://www.pharmastar.it/news/neuro/sm-trapianto-autologo-di-staminali-ematopoietiche-nelle-forme-gravi-una-via-gi-costellata-di-successi-25656