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Malattie rare – Diagnosi dopo 30 anni per due patologie senza nome

Identificate dai ricercatori del Bambino Gesù le mutazioni dei geni CLTC e DHDDS, che provocano due diverse e rare encefalopatie. Lo studio sull’American Journal of Human Genetics

Dopo un lungo viaggio durato 30 anni, per Laura, Marco e le loro famiglie è terminata una vera e propria odissea diagnostica, caratterizzata da numerose visite, esami e analisi. Sull’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica American Journal of Human Genetics sono stati pubblicati i risultati della ricerca che ha permesso di scoprire la causa genetica delle loro malattiefinora senza nome.

È il frutto dello sforzo condiviso dei clinici e dei ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – coordinati dal direttore scientifico Bruno Dallapiccola e dal responsabile dell’area di ricerca genetica e malattie rare Marco Tartaglia – e dei clinici di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Umberto I, diretti dal professor Vincenzo Leuzzi. Lo studio si inserisce in un progetto di ricerca internazionale coordinato dal professor Berge Minassian e dal professor Jacques Michaud, rispettivamente del “The Hospital for Sick Children” di Toronto e del “CHU Sainte-Justine Research Center” di Montreal.

L’applicazione delle nuove tecnologie genomiche, guidate dall’attenta valutazione clinica e dalla costruzione di una rete di collaborazione nazionale ed internazionale, sono risultate fondamentali per arrivare finalmente ad una diagnosi inseguita invano per più decenni.

Laura, 30 anni, in cura dall’età pediatrica, è affetta da una malattia rara caratterizzata da deficit cognitivo e disturbi del movimento. Oggi sappiamo che la sua patologia è causata da una mutazione del gene CLTC insorta al momento del suo concepimento. Il gene fornisce le informazioni per la sintesi di una proteina coinvolta nei processi di comunicazione tra cellule, inclusi i neuroni. Più in generale, la proteina contribuisce al rivestimento delle vescicole intracellulari (che veicolano molecole-segnale e nutrienti) e permette il loro corretto direzionamento verso i diversi compartimenti della cellula o il rilascio del loro contenuto all’esterno delle cellule. Si tratta di processi essenziali per la corretta funzionalità cellulare.

Nel lavoro recentemente pubblicato sull’American Journal of Human Genetics sono stati descritti 11 pazienti con mutazioni in questo gene e quadro clinico variabile da deficit cognitivo lieve a grave con o senza epilessia.

«Nel caso di Laura – afferma il responsabile dell’area di ricerca genetica e malattie rare del Bambino Gesù, Marco Tartaglia – l’alleanza tra medico, paziente e famiglia, che si è protratta  ininterrottamente negli anni, ha permesso di mettere a disposizione di questi pazienti le ultime acquisizioni della genetica con il risultato di riuscire finalmente a comprendere le cause molecolari di una malattia senza nome. La tenacia della madre di Laura è leggendaria nel mondo delle malattie rare. Non si è mai arresa e ha lottato per dare un nome alla malattia di sua figlia». Naturalmente: «L’identificazione del gene malattia è solo il primo passo ma può servire per ipotizzare o sperimentare approcci farmacologici esistenti o svilupparne di nuovi che possano combattere aspetti evolutivi delle malattie e consente oggi di riconoscere questa “nuova” malattia e di caratterizzarne il quadro clinico in maniera più accurata».

«Sono contenta che finalmente si apra una nuova prospettiva per studiare la condizione di Laura – afferma la madre della ragazza, Renza Barbon Galluppi che è anche presidente onoraria di Uniamo – Federazione Italiana Malattie Rare, la rete delle associazioni di pazienti e familiari colpiti da malattie rare -. La forza di andare avanti nasce dall’alleanza e dal gioco di squadra con medici e ricercatori. E’ necessario, però, che sempre di più le istituzioni diano spazio e risorse alla ricerca e allo sviluppo delle nuove tecnologie e investano maggiormente su strutture capaci di un’appropriata presa in carico multiprofessionale di questi particolari pazienti».

Marco, anche lui trentenne e in cura dall’età pediatrica, è affetto da un’altra malattia finora senza nome caratterizzata da un grave ritardo psicomotorio, epilessia e disturbi del movimento. La causa della sua malattia è stata identificata dallo studio pubblicato sull’American Journal of Human Genetics. Si tratta di una mutazione del gene DHDDS, anche questa insorta al momento del suo concepimento.

Il gene DHDDS fornisce le istruzioni per una specifica modificazione delle proteine noto come glicosilazione. Mutazioni in questo gene erano state precedentemente associate a una malattia della retina. Nel caso di Marco la presenza di una mutazione di tipo diverso permette di ipotizzare un diverso meccanismo molecolare implicato nella malattia. Oltre a Marco, nello studio sono stati descritti altri 4 pazienti con mutazioni in eterozigosi in questo gene con un quadro clinico caratterizzato da encefalopatia epilettica e disturbi del movimento…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Malattie rare: diagnosi dopo 30 anni per due patologie senza nome”, Ospedale Bambino Gesù

Tratto dahttp://www.ospedalebambinogesu.it/malattie-rare-diagnosi-dopo-30-anni-per-due-patologie-senza-nome#.WhSKV6HkTIV