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Ecco l’area del cervello che riconosce gli oggetti familiari

“L’area cerebrale nota come corteccia peririnale è fondamentale per stabilire se gli oggetti che vediamo quotidianamente sono già conosciuti o meno. Lo rivela uno studio effettuato sui macachi, chiarendo alcuni aspetti del complesso processo di elaborazione degli input visivi nei primati

Durante la giornata, il nostro sguardo incrocia un gran numero di oggetti, e dobbiamo decidere se sono sicuri o pericolosi, o semplicemente se sono oggetti già noti oppure mai visti prima.

Ma come fa il cervello a stabilire che un oggetto ci è familiare e un altro no? Secondo uno studio effettuato su macachi da Keita Tamura e colleghi dell’Università di Tokyo, in Giappone, in questa decisione è fondamentale l’intervento di una specifica regione cerebrale: la corteccia peririnale; questa regione codifica l’oggetto come “già visto” o come “mai visto”, a prescindere da qualunque sua caratteristica fisica.

Credit: Science Photo Library RF / AGF

La conclusione dello studio, pubblicato su “Science”, chiarisce i processi alla base della percezione visiva. Secondo la teoria più accreditata, l’elaborazione neurale delle informazioni visive procede lungo due “vie” che attraversano differenti aree cerebrali: il flusso ventrale, chiamato anche sistema del what (che cosa), e quello dorsale, noto anche come sistema del where (dove). Il primo è dedicato all’analisi delle caratteristiche fisiche di un oggetto, come forma e colore, e permette di definire di che oggetto si tratta e di dargli un nome. Il secondo flusso elabora le informazioni che riguardano le relazioni spaziali delle diverse parti di un oggetto tra loro, di diversi oggetti tra loro e infine la distanza di un oggetto rispetto a sé.

Ora, nei primati lo stadio finale del flusso ventrale è nella corteccia peririnale, importante sia nei processi di distinzione visiva degli oggetti sia nella memoria visiva. Ma finora non era chiaro se i neuroni di quest’area semplicemente raccogliessero informazioni come un insieme di attributi fisici di un oggetto che ne permettono il riconoscimento, oppure dessero un contributo non dipendente dagli attributi fisici, per esempio il fatto di essere un oggetto già noto.

Per stabilirlo, Tamura e colleghi hanno applicato a un gruppo di macachi una tecnica molto usata negli studi di neuroscienze: l’optogenetica. Con questa metodica, è possibile modificare geneticamente gli animali in modo che i loro neuroni esprimano una proteina sensibile alla luce. Così, grazie all’impianto nel loro cervello di una serie di fibre ottiche, gli sperimentatori possono attivare o disattivare a comando le cellule cerebrali d’interesse ai fini dello studio, in questo caso la corteccia peririnale. Oltre a ciò, gli autori hanno usato la stimolazione delle aree cerebrali mediante impulsi elettrici…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “L’area del cervello che riconosce gli oggetti familiari”, Le Scienze

Tratto dahttp://www.lescienze.it/news/2017/08/18/news/primati_oggetto_familiare-3632973/